giovedì 29 dicembre 2022

Aeroporti: le emissioni gassose nelle aree circostanti e sottostanti alle rotte (2)

Quanto consuma un propulsore aereo nella fase LTO (Landing-Take-off) ovvero nelle fasi di decollo e atterraggio? Se la spinta di un motore di un velivolo bimotore, trimotore e quadrimotore nella fase di atterraggio è intorno al 30% della potenza, nei frangenti del decollo, oltre la fase di accelerazione alla velocità di salita, fino al raggiungimento della quota di crociera, rappresenta potenza massima o ridotta nella fase iniziale (initial climb) per la spinta di salita con circa 70/80%.

Ma come quantificare il consumo di carburante in questa fase in rapporto a quello complessivo di un volo?

Varia, ovviamente, in rapporto con il numero dei motori che equipaggiano l’aeromobile e per la durata del volo stesso. Un volo di corto raggio bi-jet di 50/100 minuti, probabilmente, il carburante consumato nel solo decollo, in prossimità della pista, potrebbe essere quantificato in 1/3 del totale bruciato tra l’aeroporto di partenza e di arrivo. Un rapporto ben maggior concerne un volo lungo raggio intercontinentale con quattromotori. Peraltro doppio di un volo lungo raggio intercontinentale di un bimotore, a parità di distanza/percorrenza del volo.

motore a reazione, come quelli in uso nei jet di linea, brucia più di un chilo di combustibile al secondo. In generale però, per calcolare quanto viene consumato durante un volo, va considerata la distanza percorsa dall’aereo. Partenze costose. Percorsi brevi hanno, in proporzione, consumi più elevati perché 1/3 del carburante viene bruciato durante il decollo. Nei voli lunghi invece la proporzione scende a 1/8. Con un po’ di approssimazione, si calcola che un Jumbo jet su una rotta di circa 6 mila km (per esempio Milano-New York), consumi più di 63 mila litri di kerosene, una media di 19 litri per miglio nautico (1,8 km), circa 158 per ciascun passeggero (in tutto 400). Per ogni posto a sedere, vengono prodotti anche 4 mila chili di anidride

Il sito web ENAC, aggiornato al 15 Febbraio 2018, alla voce emissioni gassose, tra l’altro nel paragrafo “le emissioni gassose, nello spazio “Le aree circostanti l’aeroporto” riporta:

“Per quanto riguarda la qualità dell’aria nelle aree circostanti gli aeroporti, in Italia, i livelli di inquinamento atmosferico vengono monitorati dalle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA), le quali tengono sotto osservazione la qualità dell’aria verificando che i livelli di inquinamento si mantengano entro i limiti di legge”.

Ma con quale, probabile, sottointeso, significato?

Che le ARPA possono identificare il livello complessivo dei singoli valori NOx, CO2 e altri componenti gassose ma non l’entità delle emissioni derivate dal trasporto aereo? Senza, inoltre, poter separare l’apporto delle flotte aeree on-ground dentro il sedime e nelle fasi di volo dei velivoli in decollo ed atterraggio, dalla viabilità terrestre aeroportuale ed extra aeroportuale. Ma soprattutto senza verificare l’entità del carico “antropico” esterno al sedime.

Ad esempio, un Jumbo Jet (Boeing 747-400) che vola da Londra e New York consuma circa 70mila kg di carburante, che equivale a circa 82.353 litri, quale quantità di emissioni gassose scarica nella sola fase di decollo, in rapporto a quale quantità di carburante? Ad esempio dopo la corsa di decollo in pista, l’intial climb fino a 3000piedi e/o 10mila piedi di quota E’ un interrogativo che “Aerohabitat GROUP-AHG”  potrà rivelare prossimamente.  Non altrettanto precisione sarà possibile nelle sostanze prodotte dalla combustione, quali, ad esempio:

Carbon dioxide CO2       

Water vapour H2O         

Black carbon (BC)           

Sulphate SO2    

Nitrogen oxides NOx     

Methane CH4

Ozone O3 short-term

Ozone O3 long-term

Stratospheric H2O (SWV)

Contrail cirrus.

Le note relative  “La qualità dell'aria locale” del sito/web ENAC citato, comunque riportan0:

“La componente NOx, correlata al processo di combustione nei motori aeronautici, è essenzialmente presente alle basse quote.  NOx è una sigla generica che identifica collettivamente tutti gli ossidi di azoto e le loro miscele; essi si generano come inevitabili sottoprodotti di una combustione che avvenga utilizzando aria (dal camino a legna al motore delle automobili o degli aeromobili, alle centrali termoelettriche).

La quantità e la qualità della miscela di NOx dipende dalla sostanza combusta e dalle condizioni in cui la combustione avviene. Per limitare le emissioni di NOx è fondamentale che la combustione avvenga nel modo più uniforme possibile, evitando picchi di temperatura. Nel caso dei motori aeronautici, si forma il thermal NOx, poiché si è in presenza di elevate temperature e di una grossa quantità di ossigeno.

Alcuni ossidi di azoto possono reagire con l'ossigeno convertendolo in ozono. Essi quindi influiscono sul riscaldamento terrestre. Il triossido ed il pentossido di azoto, invece, possono reagire con l'umidità atmosferica e produrre acido nitrico, presente nelle cosiddette piogge acide che cadono sulla superficie terrestre.

Con il termine piogge acide invece si intende generalmente il processo di ricaduta dall'atmosfera di particelle, gas e precipitazioni acide, causate essenzialmente dagli ossidi di zolfo (SOx) e, in parte minore, dall'acido nitrico sia per cause naturali che per effetto di qualsiasi attività umane ed animale.

Se questa deposizione acida avviene sotto forma di precipitazioni (piogge, nebbie, rugiade, ecc.) si parla di deposizione umida. Rispetto alla produzione di ossidi di azoto da parte di altre sorgenti, il contributo dovuto all'aviazione è molto inferiore. Sono allo studio elaborazioni di metodologie di calcolo che consentano di quantificare in dettaglio il contributo di NOx e di particelle fossili dovuto all'aviazione.

I termini particolato, particolato sospeso, pulviscolo atmosferico, polveri sottili, polveri fossili invece, identificano comunemente l'insieme delle sostanze sospese in aria (fibre, particelle carboniose, metalli, silice, inquinanti liquidi o solidi).

Il particolato ha effetti sulla propagazione ed assorbimento delle radiazioni solari, sulla visibilità atmosferica nonché sui nei processi di condensazione del vapore acqueo e favorisce lo smog e le nebbie.

L'aumento dell'inquinamento ha causato negli ultimi anni la formazione di un fenomeno noto come oscuramento globale, il quale consiste in una graduale riduzione dell'intensità dell'irraggiamento diretto sulla superficie terrestre. Essa è dovuta alla maggior diffusione della luce derivante da una maggior quantità di aerosol atmosferico e provoca un lieve raffreddamento della superficie terrestre. Tale fenomeno, che varia a seconda delle aree coinvolte, è stato osservato a partire degli anni '50 ed ha fino ad ora compensato parzialmente (e dunque attenuato) gli effetti del riscaldamento globale, in misura difficilmente quantificabile. La diminuzione dell'emissione di particolato nell'atmosfera in aree come l'Europa sta riducendo tale fenomeno.

Il particolato è l'inquinante considerato di maggiore impatto nelle aree urbane, essenzialmente prodotto dal traffico automobilistico. Nel caso del traffico aereo invece, i motori aeronautici sviluppano valori di temperatura alti con elevata efficienza della combustione. Questo significa bassa produzione della quantità complessiva dei materiali incombusti e quindi di particolato.

In ogni caso, la determinazione dei contributi percentuali delle varie fonti è un'operazione di estrema complessità, nonché occasione di continue polemiche fra i diversi settori. Tuttavia si può ragionevolmente sostenere che, grazie allo sviluppo delle sofisticate tecnologie aeronautiche nonché dei controlli esercitati dalle autorità delle aviazioni civili, il contributo percentuale del particolato dovuto al settore aviazione è poco significativo.

A questo proposito, si evidenzia che ogni aeromobile deve essere progettato e costruito per proteggere al meglio l'ambiente dalle emissioni gassose prodotte”.

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