venerdì 30 ottobre 2020

IATA, ACI, COVID-19, Lockdown e la crisi del trasporto aereo

Ma il Coronavirus impone inderogabili misure di test, quarantena e procedure anticontagio. Le prospettive non sono rosee, neppure grigie, gli scenari proposti sono apocalittici, almeno è quanto sostengono International Air Transport Association-IATA , Airport Council International-ACI.

Al momento la ripresa del traffico è stata stimata-rimandata al 2021.

Anche se il traguardo dell'attività del traffico aereo 2019, non potra essere recuperata prima del 2024.

Le aerolinee “dovrebbero tagliare almeno del 40% il costo del lavoro nel 2021 per avere la stessa produttività del 2019”. Se “i governi non interverranno con nuovi aiuti alle compagnie, sono a rischio 1,3 milioni di posti di lavoro”.

Nel corso del 2020, sostiene la IATA il calo del traffico sarà del 66% rispetto allo scorso anno.

"Il quarto trimestre del 2020 sarà estremamente difficile e ci sono poche indicazioni che la prima metà del 2021 sarà significativamente migliore, fintanto che i confini rimarranno chiusi e / o le quarantene di arrivo rimarranno in vigore", lo ha detto il direttore generale della IATA Alexandre de Juniac in un dichiarazione.

A livello internazionale la domanda è in calo di quasi il 90%, le compagnie aeree hanno parcheggiato migliaia di aeromobili per lo più a lungo raggio e hanno spostato le loro operazioni sui voli a corto raggio, ove possibile.

Anche gli aeroporti Belpaese hanno registrato severi riduzioni nel traffico.

Dopo una provvisoria e limitata

ripresa estiva, a settembre erano stati movimentati 5.738.268 passeggeri, ben 69,7% in meno sullo stesso mese del 2019. Dati, sostiene Assaeroporti, che riportano a volumi di traffico di 25 anni fa, nel 1995.

Scenari critici, che nel periodo marzo-settembre 2020, ad esempio, ha perso l'83% dei passeggeri, il 68% dei movimenti aerei e il 33% delle merci".

Ma perché cala il traffico? Paura di volare? E' una scelta, opzione comportamentamentale giustificata da un rischio incombente? Sono forse troppe e/o troppo poche le misure per fronteggiare il rischio “contagio” in aeroporto, on-board e down board?

Intanto numerosi Paesi che hanno imposto 14giorni di quarantena ai passeggeri in arrivo e certificazioni stringenti a quelli in partenza.

Il DCPM del 13 Ottobre ha imposto le seguenti disposizioni:

Per il settore del trasporto aereo vanno osservate specifiche misure di contenimento per i passeggeri che riguardano sia il corretto utilizzo delle aerostazioni che degli aeromobili. Si richiede, pertanto, l'osservanza delle seguenti misure a carico, rispettivamente, dei gestori, degli operatori aeroportuali, dei vettori e dei passeggeri:

- gestione dell'accesso alle aerostazioni prevedendo, ove possibile, una netta separazione delle porte di entrata e di uscita, in modo da evitare l'incontro di flussi di utenti

- interventi organizzativi e gestionali e di contingentamento degli accessi al fine di favorire la distribuzione del pubblico in tutti gli spazi comuni dell'aeroporto al fine di evitare affollamenti nelle zone antistanti i controlli di sicurezza;

- previsione di percorsi a senso unico all'interno dell'aeroporto e nei percorsi fino ai gate, in modo da mantenere separati i flussi di utenti in entrata e uscita;

- obbligo di distanziamento interpersonale di un metro a bordo degli aeromobili, all'interno dei terminal e di tutte le altre facility aeroportuali (es. bus per trasporto passeggeri).

 

E' consentito derogare al distanziamento interpersonale di un metro, a bordo degli aeromobili, nel caso in cui:

-l'aria a bordo sia rinnovata ogni tre minuti, i flussi siano verticali e siano adottati i filtri HEPA, in quanto tali precauzioni consentono una elevatissima purificazione dell'aria, nonché in caso in cui siano adottati specifici protocolli di sicurezza sanitaria, prevedendo in particolare la misurazione della temperatura prima dell'accesso all'aeromobile e vietando la salita a bordo in caso di temperatura superiore a 37,5 °C;

sia garantita la durata massima di utilizzo della mascherina chirurgica non superiore alle quattro ore, prevedendone la sostituzione per periodi superiori;

o siano disciplinate individualmente le salite e le discese dall'aeromobile e la collocazione al posto assegnato al fine di evitare contatti stretti tra i passeggeri nella fase di movimentazione;

o sia acquisita dai viaggiatori, al momento del check-in online o in aeroporto e comunque prima dell'imbarco, specifica autocertificazione che attesti di non aver avuto contatti stretti con persone affette da patologia COVID-19 negli ultimi due giorni prima dell'insorgenza dei sintomi e fino a 14 giorni dopo l'insorgenza dei medesimi;

o sia assunto l'impegno da parte dei viaggiatori, al fine di definire la tracciabilità dei contatti, di comunicare anche al vettore ed all'Autorità sanitaria territoriale competente l'insorgenza di sintomatologia COVID-19 comparsa entro otto giorni dallo sbarco dall'aeromobile;

- siano limitati al massimo gli spostamenti e i movimenti nell'ambito dello stesso aeromobile. I vettori possono definire con i gestori aeroportuali specifiche procedure che consentano l'imbarco di bagaglio a mano di dimensioni consentite per la collocazione nelle cappelliere, mettendo in atto idonee misure di imbarco e di discesa selettive, in relazione ai posti assegnati a bordo dell'aeromobile, garantendo i dovuti tempi tecnici operativi al fine di evitare assembramenti nell'imbarco e nella discesa e riducendo al minimo le fasi di movimentazione. (ad es. chiamata individuale dei passeggeri al momento dell'imbarco e della discesa, in modo da evitare contatti in

prossimità delle cappelliere);

- gli indumenti personali (giacca, cappotto, maglione ecc..) da collocare nelle cappelliere, dovranno essere custoditi in un apposito contenitore monouso, consegnato dal vettore al momento dell'imbarco, per evitare il contatto tra gli indumenti personali dei viaggiatori nelle stesse cappelliere.

- Nelle operazioni di sbarco e imbarco dei passeggeri va utilizzato, ove possibile, il finger in via prioritaria e in caso di trasporto tramite navetta bus, va evitato l'affollamento, prevedendo una riduzione del 50% della capienza massima prevista per gli automezzi e una durata della corsa comunque inferiore ai 15 minuti, garantendo il più possibile l'areazione naturale del mezzo.

- Vanno assicurate anche tramite segnaletica le procedure organizzative per ridurre i rischi di affollamento e mancato distanziamento nella fase di ritiro bagagli presso i nastri dedicati alla riconsegna.

- Con particolare riferimento ai gestori ed ai vettori nelle aree ad essi riservate, questi ultimi predispongono specifici piani per assicurare il massimo distanziamento delle persone nell'ambito degli spazi interni e delle infrastrutture disponibili. In particolare, nelle aree soggette a formazione di code sarà implementata idonea segnaletica a terra e cartellonistica per invitare i passeggeri a mantenere il distanziamento fisico;

- i passeggeri sull'aeromobile dovranno indossare necessariamente una mascherina chirurgica, che andrà sostituita ogni quattro ore in caso in cui sia ammessa la deroga al distanziamento interpersonale di un metro;

- attività di igienizzazione e sanificazione di terminal ed aeromobili, anche più volte al giorno in base al traffico dell'aerostazione e sugli aeromobili, con specifica attenzione a tutte le superfici che possono essere toccate dai passeggeri in circostanze ordinarie. Tutti i gate di imbarco dovrebbero essere dotati di erogatori di gel disinfettante. Gli impianti di climatizzazione vanno gestiti con procedure e tecniche miranti alla prevenzione della contaminazione batterica e virale;

- introduzione di termo-scanner per i passeggeri sia in arrivo che in partenza, secondo modalità da determinarsi di comune accordo tra gestori e vettori nei grandi hub aeroportuali. In linea di massima, potrebbero comunque prevedersi controlli della temperatura all'ingresso dei filtri di sicurezza o al terminal d'imbarco, per le partenze, ed alla discesa dall'aereo per gli arrivi in tutti gli aeroporti."


giovedì 29 ottobre 2020

Aviation Environmental Design Tool (AEDT), FAA ha emanato la versione 3c

In Italia le Zonizzazioni LVA sono elaborate ancora con il modello INM. Se da un lato cittadini e Comitati perseguono indici acustici coerenti alla percezione delle loro “orecchie” e insistono nel rivendicare e sostenere una mancata corrispondenza con il rumore aeroportuale generato dalle operazioni al suolo ed in volo delle flotte aeree, le Commissioni Aeroportuali utilizzano ancora il modello INM.

Per quale “strana” ragione e con quali motivazioni le Commissioni Aeroportuali operano con la versione Integrated Noise Model (INM) - Noise Contour Comparison: Version 7.0, non aggiornata dal 2015, e del tutto obsoleta, se la stessa FAA USA utilizza l'AEDT

Certo Sindaci aeroportuali, ARPA regionali ed infine gli stessi “Comitati”, pur alla ricerca della miglior mappatura dell'impatto acustica non lo hanno ancora rivendicato. Probabilmente anche i Comitati potrebbero essere soddisfatti dell'AEDT.
In fondo l'AEDT è “un sistema software che modella le prestazioni dei velivoli nello spazio e nel tempo per stimare il consumo di carburante, le emissioni, il rumore e le conseguenze sulla qualità dell'aria. AEDT è uno strumento completo che fornisce informazioni alle parti interessate della FAA su ciascuno di questi impatti ambientali specifici. AEDT facilita le attività di revisione ambientale richieste dalla NEPA consolidando la modellizzazione di questi impatti ambientali in un unico strumento.

AEDT è progettato per modellare studi individuali che vanno da un singolo volo in un aeroporto a scenari a livello regionale, nazionale e globale. AEDT sfrutta il sistema di informazioni geografiche (GIS) e la tecnologia dei database relazionali per ottenere questa scalabilità e offre ricche opportunità per esplorare e presentare i risultati. Le versioni di AEDT sono utilizzate attivamente dal governo degli Stati Uniti per la pianificazione del sistema dell'aviazione nazionale e per l'analisi della politica ambientale dell'aviazione nazionale e internazionale.”

La version C dell'AEDT, ha le seguenti caratteristiche:

“La Federal Aviation Administration (FAA) ha rilasciato un aggiornamento al suo Aviation Environmental Design Tool (AEDT) che modella gli impatti ambientali del consumo di carburante, delle emissioni, del rumore e della qualità dell'aria.

Nella versione 3c, rilasciata il 6 marzo, ci sono alcuni utili aggiornamenti, miglioramenti e correzioni di bug. Gli aggiornamenti all'AEDT della FAA migliorano continuamente non solo l'esperienza dell'utente con il programma, ma un ulteriore perfezionamento del database e degli algoritmi dello strumento migliora la precisione complessiva.

Ecco uno sguardo ad alcuni dei punti salienti di questa versione:

La versione 3c apporta diversi miglioramenti alla modellazione delle prestazioni degli aeromobili, inclusa l'aggiunta di un nuovo editor di profili di volo che consente agli utenti di creare profili procedurali personalizzati Aircraft Noise Performance (ANP) o BADA 4. Ora c'è anche un report di spinta basato sulla fisica per ANP, che potrebbe comportare alcune operazioni con valori di spinta negativi quando viene generata più resistenza che spinta.

In precedenza, l'AEDT limitava la velocità del velivolo a meno di 250 nodi, ma con l'aggiornamento, l'aereo può accelerare oltre quella velocità una volta raggiunta un'altitudine di 10.000 piedi MSL utilizzando il modello ANP.

In questo aggiornamento, i calcoli delle emissioni sono migliorati. Fornisce inoltre supporto per la lettura dei valori di albedo, rapporto Bowen e rugosità superficiale da un file di output AERSURFACE generato esternamente.

Riteniamo che questo renderà l'elaborazione meteorologica più realistica utilizzando le caratteristiche della superficie specifiche dell'area da modellare.

Inoltre, il modello AERMOD in AEDT ha incorporato la soglia di velocità del vento ridotta dell'EPA di 0,5 m / s; al di sotto di questo livello, i venti sono considerati calmi. Riteniamo che ciò porterà a un set di dati più completo, poiché la soglia ridotta dovrebbe consentire di riempire più ore e meno ore trattate come calme.

Microsoft SQL Server 2017 è ora supportato oltre a Microsoft SQL Server 2012.

Come AEDT 3b, è importante notare che tutti gli utenti AEDT devono richiedere la licenza BADA per AEDT 3 da EUROCONTROL prima di scaricare AEDT 3c. Inoltre, la FAA continua a richiedere la revisione e l'approvazione di qualsiasi input di modello non standard.”


mercoledì 28 ottobre 2020

Aeroporti, il rumore aereo, i Comitati e la classificazione comunale!

Perché esigere la riduzione del rumore aereo quando i dati ARPA rassicurano? La presenza di una infrastruttura aeroportuale insediata in un contesto di diversi e/o di un solo territorio Comunale sembra proprio aver risolto le ricadute acustiche del traffico aereo. I timori che alcuni residenti ed i Comitati sostengono per il “rumore aereo” appaiono del tutto infondati

Le emissioni sonore del traffico aereo entro il sedime di uno scalo e lungo le traiettorie di volo è mappato costantemente dalla Rete di Monitoraggio delle centraline/stazioni di rilevamento e dal modello matematico INM/AEDT.

Tutto risolto quindi! Tuttavia nell'intorno di quasi ogni aeroporto del Belpaese i Comitati sollecitano interventi specifici per il contenimento delle ricadute acustiche sul territorio. Nonostante i limiti massimi siano rispettati. Per quale ragione lo fanno?

La zonizzazione acustiche LVA entro il sedime, calcolato con INM/AEDT, non evidenziano sforamenti di sorta ( se non incidentalmente e/o occasionalmente) mentre le centraline delle reti monitoraggio non rilevano dati preoccupanti.

Sono dati che i Sindaci dei Comuni aeroportuali ottengono periodicamente dalle ARPA Regionali e dalla Commissione Aeroportuali, senza rilevare sforamenti disorta. Anzi!

Ma i cittadini isolati e/o riuniti nei Comitati “di protesta” sostengono una irrisolta incoerenza, non corrispondenza tra il fastidio e/o il rumore aereo percepito da quello degli indici/valori trasmessi.

Perchè?

In fondo anche la Classificazione acustica Comunale di ogni singolo Comune, sia esso aeroportuale o meno, dovrebbe confortare i cittadini residenti.

L’art. 8 del D.P.C.M. 14 Novembre 1997 prevede che i Comuni adottino la classificazione del proprio territorio in zone acustiche in rapporto alle differenti destinazioni d’uso, ai fini della determinazione dei limiti massimi dei livelli sonori equivalenti.

La Legge 447/95 infatti si compone di prescrizioni già operative e di principi normativi attuati da successivi decreti applicativi emanati, o in via di emanazione, da parte delle istituzioni centrali e periferiche; in questa sede comunque saranno trattati unicamente i decreti attuativi inerenti alla zonizzazione acustica del territorio comunale.

Si riportano di seguito le definizioni delle sei classi individuate in tabella 1 dal suddetto D.P.C.M.:

Classe I
Aree particolarmente protette
Rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.
Classe II
Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali e con assenza di attività industriali e artigianali.
Classe III
Aree di tipo misto
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.
Classe IV
Aree di intensa attività umana
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali; le aree con limitata presenza di piccole industrie.
Classe V
Aree prevalentemente industriali
Rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni.
Classe VI
Aree esclusivamente industriali
Rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.
L’articolo 2 stabilisce anche che, per le zone non esclusivamente industriali, in altre parole le classi di destinazione d’uso I ÷ V, oltre ai limiti assoluti specificati precedentemente, devono essere rispettate differenze tra il rumore residuo ed il rumore ambientale di 3 dBA per il periodo notturno e di 5 dBA per il periodo diurno; la verifica del rispetto del criterio differenziale deve essere condotta strumentalmente
all’interno degli ambienti abitativi eventualmente disturbati.
L'interrogativo da porsi, a fronte dei datti rassicuranti forniti dai Comuni, dall'ARPA e dalle Commissioni Aeroportuali, rimanda alle considerazioni contrapposte dei Comitati.

Su quale basi “acustiche” sostengono che “l'impatto acustico” è insostenibile, intollerabile e/o è rilevante e, magari, anche al di sopra dei limiti di legge?

martedì 27 ottobre 2020

Aeroporti e rumore aereo, dagli indici LVA alle reti di monitoraggio: 20anni inutili?

Comitati e cittadini e Sindaci, da troppi anni analizzano dati carenti!

D'accordo c'è il COVID-19 e le considerazioni sulle infrastrutture aeroportuali, sulle ricadute ambientali e sul risk assessment associate appaiono questioni secondarie, ma fiduciosi nella rapida risoluzione del Coronoavirus e nella ripresa della stessa attività aerea, i cittadini ed i Comitati a tutela del territorio e della Comunità residente non potranno che verificare le reali ricadute degli aeroporti, Aerohabitat prosegue proponendo le annose tematiche.


Indici LVA, reti di centraline e classificazione acustica Comunale rappresentano riflettono verifiche fondamentali, che devono essere messe in discussione.

Sono dati coerenti e realistici? Aerohabitat ne dubita e da tempo.

Con un interrogativo primario: i Comitati ed i sindaci in genere ne sono stati e sono consapevoli? Appare comunque inevitabile che debbano essere impugnati sia i dati acustici forniti dalla Commissione Aeroportuale quanto quelli evidenziati dalle Reti di Monitoraggio. Una problematica associata è derivata dalle incongruità emergenti tra la mappa LVA, ai dati delle Reti di Monitoraggio alla Classificazione Acustica Comunale.

Da quando sono state insediate le reti di monitoraggio aeroportuali? Con quali criteri? Chi ha validato e certificato la funzionalità operativa delle Reti di Monitoraggio senza un'adeguato posizionamento delle centraline di Tipo V? E' stata corretta l'ubicazione delle stazioni di Tipo M?

Da quando sono state elaborate le zonizzazioni acustiche aeroportuali in LVA? Con quali criteri e database?

Da quando la classificazione acustica comunale esterna al sedime è stata validata e certificata e integrata con la zonizzazione in LVA, a margine dei 65LVA? Con quali criteri e database?

In sostanza quale coerenza esiste tra il rumore aereo e l'impatto acustico conseguente, con quello percepito dai cittadini, dai residenti dell'intorno aeroportuale, con quello elaborato dai modelli matematici – algoritmi - siano essi INM quanto AEDT, perciò elaborati nelle curve/mappe LVA, con le risultanze delle reti delle centraline/stazioni di monitoraggio???

Aerohabitat nel corso degli anni (decenni?) ha invano illustrato modalità e criteri (limiti e criticità nell'utilizzo del database) con i quali sono state definite le mappe della zonizzazione acustica in LVA (INM e AEDT), quando le precarietà associate all'installazione delle stazioni ì/centraline delle reti di monitoraggio (loro localizzazione, tipologia, gestione e manutenzione), con le incertezze e contraddizioni associate alla coesistenza e sovrapposizione con “la classificazione acustica comunale”.

Le analisi e le ripetute segnalazioni/informative presentate on-line e, talvolta, anche direttamente non sembrerebbero aver ottenuto un risultato positivo.

Dinanzi a proteste individuali, peraltro legittime, scaturite da manifeste evidenze tra impatto acustico percepito e indici acustici forniti in LVA o Lden/Lnight, spesso cittadini/comitati, raramente qualche Sindaco hanno attivato interventi ARPA Regionali e Aziende Sanitarie Locali-ASL a monitoraggi spot in qualche località prossima al sedime aeroportuale o sottostante alle rotte di volo. Con risultati scontati, con superamento dei limiti assoluti di immissione, ma segnalando come il livello del rumore aeroportuale sia definito con riferimento a 21 giorni di rilevamento, nei tre periodi stagionali prestabiliti dalla legge. Risultando dati del tutto inefficaci per “fotografare” una realtà, comunque, differenziata.

Aerohabitat nel recente periodo, con le seguenti news, ha riproposto, tali considerazioni, e precisamente:


24 ottobre - Aeroporti e reti di monitoraggio by ISPRA, le centraline “V”

22 ottobre 2020 - Aeroporti e Comuni extrasedime, tra LVA e classificazione acustica Comunale

21 ottobre 2020 - Aeroporti e il monitoraggio delle emissioni delle flotte aeree

10 ottobre 2020 - Aeroporti Belpaese, il “rumore aereo” tra EASA, ICAO-CAEP ed ENAC

6 ottobre 2020 - ICAO-2019 Environmental Report, The next chapter: “il fastidio”

3 ottobre 2020 - Aeroporti e rumore aereo: 25 anni dopo, tutto da rifare!

Che fare quindi?

Ripartire d'accapo obbligando le Commissioni Aeroportuali all'utilizzo del modello AEDT-FAA che ha soppiantato l'arcaico INM dal 2015 appare del tutto inevitabile. Ma soprattutto è primario verificare e condividere il database impiegato, unica garanzia di ottenere una Zonizzazione acustica LVA coerente con il traffico aereo e quello aeroportuale di sedime.

Per quanto riguarda invece la mappatura derivata dalla Rete di Monitoraggio esterna al sedime è indispensabile che la localizzazione delle centraline, l'insediamento specifico delle stesse lungo le traiettorie di volo e non, oltre alla loro tipologia – in modo particolare quelle di tipo M e V – verifichi la corretta identificazioni dei tracciati radar, della correlazione e la quota di sorvolo in relazione al terreno sottostante.

Infine la predisposizione della classificazione acustica Comunale deve congruamente integrarsi con la zonizzazione LVA di sedime.


Per quanto riguarda l'impatto delle emissioni gassose generato dalle flotte aeree, altra questione controversa che contrappone ARPA e le Relazioni di masterplan presentate e sottoposte all'esame delle Commissioni Di VIA e VAS. Dove si rispecchiano convinzioni tra emissioni gassose delle flotte aeree del tutto ininfluenti e/o prevalenti per il territorio, i Sindaci, Comitati e cittadini interessati potranno trovare utili considerazioni di ricalcolo nella news del:

12 ottobre 2020 - Aeroporti e le emissioni in atmosfera, è prevalente il ciclo LTO! 27 Ottobre 2020


lunedì 26 ottobre 2020

Cervinia, precipita elicottero

Uno dei due occupanti è deceduto, l'altro ferito! Lo schianto sul monte Breithorn, in provincia di Aosta, è avvenuto la notte del 25 ottobre. Uno dei due uomini a bordo è deceduto, l'altro è rimasto ferito, l’elicottero R44, immatricolato I-OLLI, è precipitato nei pressi di Cervinia.

Poco prima di mezzanotte, nella zona di Cime Bianche, a quota 3000 metri, in una zona impervia lontano dalle piste di sci. Il Soccorso Alpino Valdostano e Sagf hanno raggiunto l'elicottero e recuperato i due occupanti. L'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) ha avviato l’inchiesta di sicurezza. La visibilità sarebbe stata ridotta per la presenza di nubi in quota e per nebbia.

sabato 24 ottobre 2020

Aeroporti e reti di monitoraggio by ISPRA, le centraline “V”

Ad esempio, dopo 20anni quante sono state le violazioni verificate? Sono dati da impugnare e invalidare?

Nei quasi 40scali del Piano Nazionale Aeroporti-PNA, da tempo dovrebbero essere state installate centraline delle reti di monitoraggio per il rumore aereo extrasedime. Le modalità di progettazione e la gestione del monitoraggio sono da tempo, state delineate dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale-ISPRA in coordinamento con le ARPA Regionali. 

Ma è stato fatto e le reti di monitoraggio insediate sono state “a-norma” ed i risultati hanno potuto verificare i livelli acustici “sopportati” dai cittadini residenti.

Gli interrogativi sono stati evidenziati da tempo, da Aerohabitat e da un certo numero dei Comitati aeroportuali, e riguardano la localizzazione delle stazioni e la loro tipologia.

Le Linee guida per la progettazione e la gestione delle reti di monitoraggio aeroportuale, un documento di 94 pagine è stato deliberato nella seduta del 20 Ottobre 2012.

Almeno dopo quella data avrebbe dovuto essere certificata la “validazione” di ogni Rete di Monitoraggio attiva, quante sono state certificate? I database divulgati sono forse impugnabili, perché sono risultato di "RETI" non validate?.

E' stato fatto? E' questo l'oggetto di questo ennesimo interrogativo. A riguardo proponiamo uno stralcio del suddetto documento. Descrive, tra l'altro la centraline di tipo V.

Era ed è, infatti, necessario rilevare, in modo preciso e accurato, i diversi parametri che caratterizzano il singolo evento rumoroso e attribuirlo correttamente, in maniera univoca, all’aeromobile responsabile.

“Una stazione di misura può appartenere a più di una delle tipologie sopra elencate, in funzione delle proprie caratteristiche. Sono ritenute non compatibili, e quindi mutuamente esclusive, le tipologie A e M.

“LINEE GUIDA PER LA PROGETTAZIONE E LA GESTIONE DELLE RETI DI MONITORAGGIO ACUSTICO AEROPORTUALE

Le stazioni di rilevamento dei livelli sonori si possono distinguere in tre categorie, in funzione degli scopi specifici:

A. Stazioni di monitoraggio ambientale, sono stazioni dove è incerto il contributo relativo delle diverse sorgenti e per le quali non è necessario attribuire a ogni evento rumoroso la specifica causa.

M. Stazioni di monitoraggio del rumore aeroportuale, dove è necessario distinguere gli eventi di origine aeronautica da quelli dovuti ad altre sorgenti; deve, quindi, essere determinato in modo preciso e accurato il contributo del rumore di origine aeronautica ai fini della valutazione dell’indice LVA e/o dell’estensione delle zone A, B, C.

V. Stazioni per la determinazione delle violazioni delle procedure antirumore, dove è necessario rilevare, in modo preciso e accurato, i diversi parametri che caratterizzano il singolo evento rumoroso e attribuirlo correttamente, in maniera univoca, all’aeromobile responsabile.

L’ubicazione della stazione di misura deve essere consistente con lo scopo che ci si prefigge con la sua installazione.

Ad esempio, le stazioni di tipo “V” devono individuare con precisione tutte le violazioni delle procedure antirumore, quantificando con la minima incertezza possibile il parametro acustico da controllare, pertanto è necessario evitare sorgenti interferenti. Tale requisito può essere considerato accessorio per la valutazione del rumore ambientale (nelle stazioni di tipo “A”), dove invece è sufficiente la misura complessiva del suono che arriva al microfono, cioè il rumore totale, prodotto da tutte le sorgenti presenti nell’area.

Va osservato che, nella logica del legislatore, la determinazione su base previsionale dell'intorno aeroportuale precede l'installazione del sistema di monitoraggio.

La scelta dei siti di misura dovrebbe quindi essere successiva sia alla definizione delle zone A, B, C nell'intorno aeroportuale, sia alla definizione delle procedure antirumore, di competenza della Commissione Aeroportuale.

Allo scopo di monitorare l'estensione dell'intorno aeroportuale e rilevare valori puntuali dei descrittori acustici del rumore dovuto ai sorvoli degli aeromobili, alcune postazioni di misura possono essere posizionate anche all'esterno di esso: tali postazioni, se discriminano correttamente il rumore aeroportuale dalle altre sorgenti, garantiscono la verifica del rispetto dei limiti dell'infrastruttura al di fuori della fascia di pertinenza.

Il monitoraggio nella fase precedente alla determinazione dell'intorno aeroportuale assume il significato di una valutazione della situazione esistente, a salvaguardia dell'esposizione della popolazione al rumore ambientale, di cui il rumore aeroportuale è spesso la parte predominante, e va quindi condotto prevalentemente presso le aree abitative in prossimità dell'aeroporto. I risultati di tale monitoraggio possono essere tenuti in considerazione nella determinazione dell’intorno aeroportuale, insieme a una necessaria e opportuna valutazione delle destinazioni urbanistiche previste e i piani di sviluppo dell’aeroporto.”


venerdì 23 ottobre 2020

Dopo eliporti, aeroporti tocca agli spazioporti, ENAC presenta il RCES

E' il "Regolamento per la costruzione e l'esercizio degli spazioporti"! Con il Comunicato Stampa n. 56/2020, la Bozza del "Regolamento per la costruzione e l'esercizio degli spazioporti" e la Relazione illustrativa ENAC ha reso disponibile la documentazione indispensabile per analizzare i progetti preliminari per effettuare la nuova frontiera del trasporto aereo, i “voli suborbitali”.

Di seguito sono presentati il Comunicato e la Relazione illustrativa.

“Consiglio di Amministrazione dell’ENAC del 21 ottobre approva il Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli spazioporti

L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile rende noto che durante l'ultimo Consiglio di Amministrazione, tenutosi il 21 ottobre 2020, è stato approvato il “Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli spazioporti”.

Si tratta di un evento di grande rilevanza – ha commentato il Presidente Nicola Zaccheo – in quanto l’Italia è il primo Paese europeo a dotarsi di un regolamento per realizzare e gestire uno spazioporto sul proprio territorio nazionale. È un passo fondamentale per avviare questo importante e strategico nuovo segmento dell’aviazione civile che consentirà nel prossimo futuro di effettuare voli suborbitali commerciali dal nostro Paese”.

Con l’adozione del Regolamento si potrà, quindi, dare inizio al processo che consentirà di utilizzare lo scalo di Taranto Grottaglie anche come spazioporto nazionale, secondo quanto prescritto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti con decreto n. 250 del 2019, e arricchire l’offerta infrastrutturale nazionale nell'ottica di una strategia di sviluppo dell’intero sistema dell’aviazione.

Il Regolamento rientra nella più ampia regolazione delle attività commerciali suborbitali, che include, tra l’altro, le operazioni di volo e i servizi di navigazione aerea, ed è essenziale per consentire al Paese di realizzare un accesso autonomo allo spazio, in attuazione delle strategie governative in materia di space economy.

La regolazione delle attività commerciali stratosferiche e suborbitali è assolta dall’ENAC sulla base delle proprie competenze e degli orientamenti previsti dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti con il decreto n. 354 del 2017.

Il Regolamento, sviluppato con il contributo dei più importanti soggetti pubblici e privati, ha ricevuto un notevole consenso in fase di consultazione pubblica e contiene molte innovazioni regolamentari, con particolare attenzione alla sicurezza delle operazioni e alla tutela del territorio.

Roma, 23-10-2020

RELAZIONE ILLUSTRATIVA

REGOLAMENTO PER LA COSTRUZIONE E L’ESERCIZIO DEGLI SPAZIOPORTI

Premessa

Negli ultimi anni, a livello internazionale, si è registrato un crescente interesse per le attività dei voli spaziali. In tale contesto, il Governo italiano ha inteso promuovere lo sviluppo sostenibile del volo commerciale suborbitale e l’acceso autonomo allo spazio, nella considerazione che “spazio e aerospazio sono due settori fondamentali e strategici per l’interesse del Paese”. Con l’Atto di indirizzo MIT n. 354 del 10 luglio 2017, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha designato l'Ente Nazionale Aviazione Civile quale Autorità competente per lo sviluppo del quadro normativo nazionale in materia di trasporto commerciale suborbitale.

Con “volo suborbitale commerciale” si intende una tipologia di trasporto di persone e cose, effettuato mediante uno speciale veicolo in grado di raggiungere quote di volo entro la “fascia suborbitale” (circa 100 km da terra), in grado di utilizzare “piattaforme aeree” per il lancio/decollo e con rientro/atterraggio autonomo.

L’ENAC ha concentrato la sua azione principalmente su due ambiti di interesse, tra loro correlati: l’individuazione del sito aeroportuale presso il quale realizzare il primo spazioporto italiano e lo sviluppo di una regolamentazione che ne disciplini le operazioni. In ragione delle prestazioni che le infrastrutture di volo devono garantire per l’effettuazione di questo tipo di operazioni e per un corretto utilizzo del territorio, evitandone un consumo non necessario, si è assunto il principio fondamentale secondo il quale il sito per la realizzazione del primo spazioporto in Italia dovesse essere individuato tra gli aeroporti aperti al traffico civile commerciale, certificati ai sensi del Regolamento (UE) n. 139/2014.

Attraverso un processo di pianificazione strategica e di selezione dei differenti siti aeroportuali, nonché sulla base di specifici criteri tecnico-operativi individuati dall’ENAC, con l’Atto di indirizzo del MIT n. 250 del 9 maggio 2018 il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha eletto l’aeroporto di Taranto Grottaglie quale sito per la realizzazione del primo spazioporto in Italia. Per l'identificazione dei requisiti regolamentari per la realizzazione e l’esercizio di uno spazioporto, l’ENAC si è avvalso di un gruppo di lavoro interdisciplinare, che ha visto coinvolte professionalità provenienti da soggetti istituzionali e dall’industria di settore, cui va il ringraziamento dell’Ente per il contributo di particolare valore fornito nell’elaborazione della bozza di regolamento che si pone oggi in consultazione.

Sviluppo dei requisiti regolamentari Il Regolamento è stato elaborato sulla base del lavoro preparatorio svolto dal WG 6 (Spaceports) della Task Force ENAC (Commercial Suborbital Transportation Task Force - CSTTF), che si è avvalsa del pregevole contributo fornito da CNVVF, ENAV e dall’industria di settore, ALTEC, Vitrociset, AdP. Sotto il profilo strettamente tecnico, le conoscenze e l’esperienza acquisita dall’ENAC in tema di safety e security aeroportuale, hanno rappresentato il punto di partenza per analizzare e regolamentare un'attività innovativa come quella dei voli suborbitali. Con il termine “spazioporto” si è inteso indicare un sito comprendente infrastrutture, edifici, installazioni, impianti ed apparati, nell’insieme atti a consentire il lancio/decollo, il rientro/atterraggio e le relative operazioni a terra e in volo di un veicolo suborbitale HOTOL (horizontal take-off and horizontal landing).

E’ stato introdotto il concetto di “veicolo suborbitale di riferimento” e di “operazione suborbitale di riferimento”, mutuandoli da quello di “aeromobile critico” a cui fa riferimento la pianificazione e progettazione degli aeroporti. Con “veicolo suborbitale di riferimento” si è inteso indicare il veicolo rappresentativo della tipologia di veicoli suborbitali che possono operare sullo spazioporto in base alle loro caratteristiche tecnico-operative e alle analisi di rischio richieste dal Regolamento.

La definizione tecnica del “sistema spazioporto” ha seguito un approccio “analogico” con riferimento al “sistema aeroporto”. Nella considerazione che il certificato di aeroporto, ai sensi del Reg. (UE) n. 139/2014, attesta la rispondenza delle infrastrutture e del sistema di gestione dello scalo aeroportuale ai requisiti regolamentari finalizzati a garantire un adeguato livello di safety, il concetto di “certificazione di aeroporto” è stato esteso anche allo spazioporto. Per la definizione dello spazioporto, sia in termini tecnico-fisici che in termini gestionali-organizzativi ed operativi è stata attuata una preliminare analisi dei quadri regolatori esistenti che disciplinano, da un lato, il trasporto aereo civile commerciale (di matrice europea e nazionale), dall’altro che disciplinano il rilascio delle licenze per la gestione dei siti di lancio (di matrice statunitense). Sono stati individuati i requisiti del “sistema aeroporto” estendibili al ”sistema spazioporto” e i requisiti ulteriori ed aggiuntivi, derivanti dalla specificità dell’attività suborbitale.

Nell’ambito della ricognizione normativa è stato considerato anche quanto stabilito nel “Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti” ENAC per i Piani di rischio, per il rifornimento di carburante e per i servizi di informazione e navigazione. Il Regolamento per lo spazioporto, pertanto, riprende i requisiti regolamentari previsti nel Regolamento (UE) n. 139/2014 e le correlate CS-ADR-DSN e AMC-GM per la safety ma, rispetto alla norma europea, amplia gli ambiti di applicazione, prevedendo requisiti regolamentari relativi alla security, alla prevenzione e protezione incendi e alla tutela del territorio rispetto al rischio derivante dall’esercizio delle attività suborbitali. Il Regolamento Il Regolamento è rivolto al generico veicolo/operatore nell’ottica di garantire flessibilità di applicazione e tiene conto delle reciproche interrelazioni tra attività dello spazioporto ed attività di un aeroporto aperto ai voli civili commerciali, tipicamente cargo e aviazione generale.

Il Regolamento definisce le condizioni per il rilascio, il mantenimento e la modifica del certificato di spazioporto ed i relativi obblighi e responsabilità del titolare del certificato, ai fini della sicurezza delle operazioni di trasporto suborbitale commerciale a decollo e atterraggio orizzontali. In estrema sintesi, nel Regolamento:  sono individuate le caratteristiche fisiche e i requisiti tecnici di strutture ed infrastrutture;  è definita la figura del “gestore dello spazioporto” in relazione a quella del “gestore dell’aeroporto”;  è descritto e regolamentato il sistema di gestione dello spazioporto, in relazione a quello dell’aeroporto;  sono specificate le operazioni consentite;  sono individuati i requisiti relativi all’attività di rifornimento di carburante/comburente/propellente del veicolo suborbitale;  sono definiti requisiti inerenti i servizi di informazione e navigazione;  sono individuati i requisiti relativi alla prevenzione e protezione incendi, lotta e soccorso antincendio;  è ripreso il concetto di Piano di rischio, già previsto dal Codice della Navigazione a tutela del territorio che ospita infrastrutture aeronautiche, ampliato con l’introduzione del concetto di “corridoio di volo”;  sono regolamentati gli aspetti di security;  è specificato il procedimento da seguire per la domanda di certificazione.

La “Sezione A” del documento riporta una introduzione piuttosto ampia che, nella stesura finale, verrà rivista. La formulazione presentata al momento è volta a fornire chiarimenti ed informazioni di interesse per la comprensione del Regolamento. I requisiti afferenti alla prevenzione e protezione incendi, specificamente trattati nel Capitolo 7 – Prevenzione e gestione dei rischi, recepiscono le indicazioni del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, che ha contribuito attivamente all’elaborazione del testo regolamentare. Per gli aspetti di security, affrontati nel Capitolo 8 – Security, si fa riferimento alle norme, regole e procedure già previste per gli aeroporti, a meno di specifiche ulteriori esigenze degli operatori.

Lo sviluppo di alcune tematiche, come quella della sicurezza dei corridoi di volo, riprende considerazioni che sono oggetto del “Regolamento ENAC sulle Operazioni Suborbitali", attualmente in corso di elaborazione. Anche a seguito degli esiti della consultazione, l’ENAC si riserva di valutare la necessità di produrre materiale interpretativo di accompagnamento al Regolamento.

Il Vice Direttore Generale Ing. Alessandro Cardi

giovedì 22 ottobre 2020

Aeroporti e Comuni extrasedime, tra LVA e classificazione acustica Comunale

Quali sono le “classi” che contrassegnano le aree più prossime? E' noto, oltre il perimetro aeroportuale il livello acustico non deve essere superiore a 60LVA. Un riscontro elaborato della zonizzazione acustica dello stesso aeroporto – modelizzato storicamente con INM & con AEDT dopo il 2015, almeno dove è avvenuto – ma, oltre il recino qual'è la classificazione acustica del territorio?

E' la Legge 26/10/1995, n. 447 che assegna ai Comuni un ruolo centrale in merito al problema dell’inquinamento acustico, con competenze di carattere programmatico, decisionale e di controllo.

In particolare, fra i diversi compiti assegnati  Legge 26/10/1995, n. 447, art. 6 e 7 sono di competenza dei Comuni: 

  • la classificazione del territorio comunale in zone omogenee sotto il profilo acustico

  • il coordinamento degli strumenti urbanistici già adottati o in corso di attuazione con la classificazione acustica

  • l’adozione dei Piani di risanamento acustico, assicurando il coordinamento con il Piano urbano del traffico e con i Piani previsti dalla vigente legislazione in materia ambientale.

Secondo quanto previsto dalla Legge 26/10/1995, n. 447, art. 4 la zonizzazione deve essere definita sulla base dei criteri stabiliti con legge regionale. Le Regioni dovrebbero, a riguardo, aver approvato le specifiche leggi, con documenti equivalenti ad una sorta di “Criteri tecnici di dettaglio per la redazione della classificazione acustica del territorio comunale”.

La classificazione dovrebbe utilizzare la tipologia sottostante, anche se, spesso, la sovrapposizione di aree industriali, aree ospedaliere, scolastiche e di intensa attività umana, potrebbe aver determinato livelli acustici difefrenziati ed oltre i limiti prestabiliti.

I cittadini, i Comitati ed i Sindaci dei Comuni degli aeroporti elencati nel Piano Nazionale Aeroporti-PNA lo hanno verificato?

Classe I - Aree particolarmente protette

Rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.

Classe II - Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali ed artigianali.

Classe III - Aree di tipo misto

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

Classe IV - Aree di intensa attività umana

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali; le aree con limitata presenza di piccole industrie.

Classe V - Aree prevalentemente industriali

Rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni.

Classe VI - Aree esclusivamente industriali

Rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.

 

mercoledì 21 ottobre 2020

Aeroporti e il monitoraggio delle emissioni delle flotte aeree

Ma è un obiettivo ed è un risultato praticabile? Come si fa a discriminare e isolare il computo delle emissioni gassose generate dalle flotte nella movimentazione al suolo, entro il sedime, nelle fasi di rullaggio prima del decollo, dopo l'atterraggio, nelle fasi di parcheggio fine volo, nelle fasi di messa in moto dei propulsori e in relazione del ciclo LTO, Landing Take-off. Ovvero della corsa in pista per l'involo fino al perimetro esterno del sedime aeroportuale associata con i momenti del sorvolo del confine del sedime per atterrare con la frenata del reverse/invertitoti di spinta a terra.

Sono riscontri e dati che dovrebbero essere scorporati dalle emissioni della viabilità interna al sedime e da quelle antropiche relative al funzionamento dei terminal, satelliti e attività associate.

Dato per scontato che l'eventuale esistenza di stazioni/centraline di monitoraggio, dedicate al flusso gassoso derivato dal sistema aeroportuale, installate in prossimità dello scalo non sono funzionali a tale scopo – rilevano un livello di emissioni cumulate della zona prossima, esterna al sedime – quale metodico utilizzare?

Le ARPA regionali, probabilmente hanno insediato Sistemi di Monitoraggio in continuo delle Emissioni in atmosfera, di cui sono ignoti gli obiettivi complessivi.

Verificano l'impatto complessivo e/o quello generato dal “sistema aeroportuale” diretto?

Le reti di monitoraggio insediate – con quante centraline e come sono state localizzate? Sono funzionali alla tutela della comunità insediata o alle rilevazioni delle emissioni avio? - probabilmente utilizzano sistemi correlati con la “Procedura per il controllo remoto dei dati rilevati dai Sistema di Monitoraggio delle Emissioni (S.M.C.E.)”, o sistemi equivalenti.

Sono criteri che assicurano rilevamenti così come disposti dalle procedure ISPRA ed europee in materia.

“La Linea Guida è da applicarsi agli impianti con prescrizione di monitoraggio in continuo emissioni ai sensi dell’Allegato VI della parte Quinta del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. e/o a quanto previsto dalle direttive su grandi impianti di combustione e su inceneritori/coinceneritori, con rimando all’applicazione della pertinente norma UNI EN 14181, anche ai sensi delle novità introdotte dalla Direttiva IED (2010/75/UE), recepita con D.Lgs. 46/2014 e agli aggiornamenti al Titolo quinto in materia di SMCE introdotti dal D.Lgs. 183/2017.”

Come rileva ENAC nella pagina web dedicata alle emissioni gassose – aggiornata al 15 Febbraio 2018 – alla voce “Le aree circostanti l’aeroporto” si legge:

“Per quanto riguarda la qualità dell’aria nelle aree circostanti gli aeroporti, in Italia, i livelli di inquinamento atmosferico vengono monitorati dalle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA), le quali tengono sotto osservazione la qualità dell’aria verificando che i livelli di inquinamento si mantengano entro i limiti di legge”.

Se il quadro è quello delineato, a chi tocca stimare e monitorare la consistenza e l'impatto delle emissioni gassose generate dal “sistema avio” entro il sedime e nelle fasi LTO? Riscontri, peraltro, che devono essere analizzati e valutati sia negli scenari associati alla durata del masterplan quanto nelle emissioni giornaliere.

martedì 20 ottobre 2020

Aeroporti, incidenti aerei e un Piano di Emergenza Esterno da verificare!

Decisivi sono le Mappe di vincolo e il censimento delle edificazioni in deroga! Le procedure da attivare a seguito di un incidente aeronautico ad opera di tutti gli organismi coinvolti a vario titolo nelle attività di protezione civile è stata definita in relazione ai livelli di stato definiti nell’Ordinanza ENAC:

Qualora la fase sia identificata come:

“Stato di allarme”, ovvero una situazione nella quale si ha ragione di dubitare per la sicurezza di un aeromobile e per i suoi partecipanti;

“Stato di emergenza, ovvero una situazione nella quale si ha certezza dello stato di pericolo in cui versa l’aeromobile e per i suoi partecipanti;

“Stato di incidente”, ovvero una situazione nella quale si è verificato un evento dannoso per l’aeromobile e/o per i suoi occupanti;

come definito da Ordinanza Enac, gli interventi che vengono attivati, anche come è stato disposto per la sicurezza degli aeroporti, da un documento emesso dal Consiglio Europeo della Sicurezza dei Trasporti nel 1999.

Il piano di emergenza provinciale, assimilabile al Piano di Emergenza Esterno-PEE rappresenta una procedura da attivare in relazione ad una segnalazione di incidente aereo.

La statistica incidentale, sommariamente (ma sono datti costantemente aggiornati), ricorda come:

• negli scorsi 10 anni l’82% degli incidenti aerei è stato registrato nelle fasi di decollo e atterraggio con circa il 58% di tutte le vittime a bordo e a terra;

• resoconti casistici confermano come gli incidenti aerei con elevato numero di vittime a terra sono registrati ogni anno, diverse volte..

Gli incidenti a terra, entro e fuori al sedime aeroportuale, anche dopo l'involo sono catalogati in cinque categorie prevalenti, in rappresentanza delle fasi operative del decollo (takeoff) e dell'atterraggio:

- take-off overruns, fuoripista nelle fasi del decollo;

- landing overruns, fuoripista nelle fasi di atterraggio;

- take-off crash nelle fasi del decollo, poco dopo aver fatto quota, dopo il decollo;

- landing crash , impatto con il suolo in atterraggio;

- fuoripista laterali veer off, a destra e sinistra della pista (vedi Runway veer-off accidents: Quantitative risk assessment and risk reduction measures).

Al fine di elaborare il Piano di Emergenza Provinciale e il Piano di Emergenza Esterno è indispensabile analizzare e valutare l’area valutata a maggior rischio che la normativa nazionale individua in corrispondenza delle zone di decollo e di atterraggio degli aeromobili anche se è da ritenersi estremamente difficoltoso stimare i possibili punti di caduta di un aeromobile, a causa dell’elevato numero di fattori che intercorrono in

incidenti di questo tipo.

In pratica è indispensabile che le zone di analisi siano suddivise in riquadri per l’attribuzione dei relativi livelli di rischio. In riquadri delle dimensioni di 500x500m.

Di quanti riquadri è composta l'area coinvolta di ogni singolo aeroporto identificato dal Piano Nazionale Aeroporti-PNA: 50, 80, 120?

La difficoltà di identificare In corrispondenza delle zone di decollo e di atterraggio, utili a stimare i possibili punti di crash/impatto con il suolo, anche a causa dell'elevato numero di fattori che inquadrano la localizzazione con il contesto geo-sociale esistente.

L'Art.707 del Codice Della Navigazione a riguardo, in relazione alla redazione del Piano di Rischio ed alla definizione delle Mappe di Vincolo associato al Piano Limitazione Ostacoli, deve censire ed aggiornare il dettaglio degli “sforamenti” naturali e le edificazioni esistenti, quanto i fabbricati e le attività in deroga nelle Zone A, B, C eD.

Occorre identificare, quindi, anche gli “elementi” ritenuti sensibili, quali

° Strutture Scolastiche;

o Cliniche, Case di Cura, Centri Sociali;

o Parrocchie, Centri Religiosi;

o Palestre;

o Industrie Rischio Incidente Rilevante;

o Poli Commerciali;

° Serbatoi e depositi carburante;

o Distaccamento VVF;

o Area Aeroportuale;

o Varchi di Accesso all’area aeroportuale;

o Zona di Tutela;

o Strutture Ospedaliere;

o Municipio;

o Confini Comunali.

o Ferrovia;

o Autostrade;

o Strade Nazionali e Provinciali;

o Snodi viabilistici/ incroci strategici;

o Acquedotto;

o Metanodotto;

o Elettrodotto

o Fiumi;

o Parchi.


lunedì 19 ottobre 2020

Aeroporto Parma, altra Interrogazione sul Masterplan e the Mall

Ma è davvero un intrigo senza soluzioni? La questione è tuttora aperta e il frenetico scambio epistolare tra ENAC e Comune di Parma sull'edificazione del “The Mall” alla ricerca di una qualche soluzione compatibile si intreccia con un masterplan che dovrebbe risolvere le supposte violazioni al Piano di Rischio, con esposti, denunce, richiesta danni e l'attivazione della procedura per il rinvio a giudizio per la delibera rilasciata dallo stesso Comune.

Ecco, comunque, due Interrogazione, una appena inoltrata ed una seconda del 2018.

Presentata dall'On. DAVIDE ZANICHELLI

al MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

Per sapere - premesso che:

L’aeroporto di Parma “Giuseppe Verdi” nasce nel primo dopoguerra, alle porte della città di allora, come campo volo di 800 metri di lunghezza. Ora, a distanza di oltre 70 anni, l’attuale pista è quasi inglobata nel tessuto urbano cittadino, con migliaia di edifici nelle immediate vicinanze e decine di migliaia di residenti;

Secondo il progetto presentato dalla Società incaricata della gestione è previsto l’allungamento della pista dagli attuali 2124 m. (misura da verificare, è tuttora aperto un esposto presso la Procura della Repubblica di Parma) fino a 2880 m. nonché la realizzazione di un terminal cargo in zona sud e hangar per aerei privati a fianco dell’attuale aerostazione.

Attualmente il problema non è percepito dalla popolazione in quanto l’attività dell’aeroporto è pressochè inesistente (dopo perdite di oltre 44 milioni di euro negli ultimi 11 anni di esercizio, molti dei quali costituiti da denaro pubblico), la differenza di impatto con la configurazione aeroportuale di domani, se verrà allungata la pista e implementato il terminal cargo, sarà principalmente dovuta alle diverse tipologie di velivoli ed alla frequenza dei loro movimenti nella zona.

Appare altresì evidente che al raddoppio dell’apertura alare corrisponda invece un impatto in termini di inquinamento acustico ed ambientale, di otto-dieci volte superiore in funzione delle maggiori potenze dei motori e dei relativi consumi di carburante.

Considerato che:

il 17 aprile 2020 la precedente Commissione VIA in proroga ha dato parere favorevole (https://va.minambiente.it/File/Documento/402038) al Piano di sviluppo aeroportuale presentato da Enac relativo all’Aeroporto di Parma che prevede tra le altre cose l’allungamento della pista dagli attuali 2124 metri a m 2880;

in data 25 maggio 2020 si è insediata la nuova commissione VIA VAS che sostituisce la precedente, rimasta in carica per oltre dodici anni in proroga;

la pista di Parma è attualmente classificata in codice ICAO 4 C e il progetto prevede di portarla addirittura a livello 4 E, traffico di aerei di grosse dimensioni, con inevitabile rischio aereonautico;

è evidente che il progetto di un Piano di Sviluppo Aeroportuale, che preveda modifiche in ampliamento delle attuali infrastrutture aeroportuali anche di volo debba, già nel suo stato, risultare conforme alle prescrizioni aeronautiche regolamentari vigenti al momento della presentazione e che invece l’attuale Aeroporto di Parma continua ad avere un Piano di Rischio emesso in violazione delle cogenti prescrizioni dettate da Enac e risulta ancor oggi non compatibile per le aeree di tutela;

il Piano di Rischio di Parma presenta sin dal 2012 evidenti carenze riguardo la predisposizione delle Fasce di rispetto laterali C e D.

il fatto che la precedente Commissione VIA abbia tratto le proprie conclusioni, non solo in mancanza di un Piano di Rischi aeroportuale conforme alle prescrizioni di legge del vigente Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti, ma addirittura in presenza di una conclamata valutazione negativa di Enac circa le soluzioni di panificazione urbanistica adottate nelle zone soggette a tutela aeronautica, costituisce un chiaro “vulnus” alla legittimità del parere stesso oltre che all’incolumità delle persone che vivono nelle adiacenze dell’aeroporto.

Si chiede di sapere:

se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza intenda adottare anche in autotutela.

Se il Ministro ritenga si sia tenuto conto dei vincoli e delle zone di tutela previste dal vigente regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti.



MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI ,


Martedì 7 agosto 2018, seduta n. 40

SPADONI, SCAGLIUSI, ZANICHELLI, DE GIROLAMO, DALL'OSSO, ASCARI, DEL GROSSO e SARTI.

Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Per sapere – premesso che:

in data 28 febbraio 2012, con delibera n. 143/17 del commissario straordinario Ciclosi, è stato adottato il piano di rischio aeroportuale (articolo 707 del codice della navigazione decreto legislativo n. 96 del 2005 e successive modificazioni e integrazioni relativo all'aeroporto di Parma Giuseppe Verdi;

tale delibera sancisce che «il Piano di Rischio Aeroportuale indica, nell'ambito delle aree ad esso assoggettate, i limiti di crescita del carico antropico, la disciplina di insediamento e ammissibilità delle nuove funzioni territoriali, con particolare riguardo alle attività che comportano elevata permanenza di persone ed a quelle non compatibili in quanto potenzialmente amplificatorie delle conseguenze di incidenti e possibile causa di incendio, esplosione e danno ambientale». La delibera continua: «i Comuni non possono autorizzare opere ed attività ubicate lungo le direzioni di decollo e atterraggio, se non coerenti con il Piano di Rischio» (delibera Ciclosi pagine 2 e 3);

solamente nel 2017, nel corso del processo istruttorio relativo al piano di sviluppo dell'aeroporto di Parma, la direzione pianificazione e progetti dell'Enac, è venuta a conoscenza dell'intenzione del comune di Parma di realizzare un centro commerciale in area prossima al sedime aeroportuale, e ricadente nelle zone di tutela laterale C e D del piano di rischio (lettera dell'Enac del 27 giugno 2018);

per le suddette aree laterali di tutela C e D, ad oggi, non è stato ancora predisposto il relativo piano di rischio e, inoltre, l'Enac ha dichiarato di non conoscerne l'entità in termini di incrementi volumetrici e di carico antropico associato;

nella suddetta lettera, l'Enac scrive altresì che, in una nota del 2016 (prot. n. 111801 del 31 ottobre 2016), la direzione operazioni nord ovest, territorialmente competente, evidenziava che «il parere è rilasciato ai soli fini di attestazione di compatibilità degli edifici in oggetto con la sicurezza della navigazione aerea e che, invece, la valutazione della conformità ai piani urbanistici territoriali, compreso il Piano di Rischio aeroportuale, resta in capo ai competenti uffici del Comune di Parma»;

sia il gruppo consiliare di opposizione Parma Protagonista in un'interrogazione

all'amministrazione comunale, sia Legambiente in un esposto alla procura di Parma, evidenzi a seguito di suddetta interrogazione, l'Enac ha dichiarato che: «non ha mai espresso alcun parere o approvazione sul presunto centro commerciale per gli aspetti riferibili al 5° comma dell'articolo 707 del codice della navigazione (piani di rischio).»;

la costruzione del centro commerciale è tuttora in corso –:

se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se sia in possesso di informazioni su quando e con quali atti comune abbia adeguato il piano di rischio aeroportuale adottato nel 2012 all'aggiornamento del regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti, come stabilito dalla delibera commissariale n. 143 del 2017 del 28 febbraio 2012;

se si sia tenuto conto dei vincoli e delle zone di tutela previste dal vigente regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti, in particolare, laddove si stabilisce che sia evitata la realizzazione di insediamenti ad elevato affollamento quali i centri commerciali. quanto l’attività dell’aeroporto è pressochè inesistente (dopo perdite di oltre 44 milioni di euro negli ultimi 11 anni di esercizio, molti dei quali costituiti da denaro pubblico), la differenza di impatto con la configurazione aeroportuale di domani, se verrà allungata la pista e implementato il terminal cargo, sarà principalmente dovuta alle diverse tipologie di velivoli ed alla frequenza dei loro movimenti nella zona.
Appare altresì evidente che al raddoppio dell’apertura alare corrisponda invece un impatto in termini di inquinamento acustico ed ambientale, di otto-dieci volte superiore in funzione delle maggiori potenze dei motori e dei relativi consumi di carburante.
Considerato che:
il 17 aprile 2020 la precedente Commissione VIA in proroga ha dato parere favorevole (https://va.minambiente.it/File/Documento/402038) al Piano di sviluppo aeroportuale presentato da Enac relativo all’Aeroporto di Parma che prevede tra le altre cose l’allungamento della pista dagli attuali 2124 metri a m 2880;
in data 25 maggio 2020 si è insediata la nuova commissione VIA VAS che sostituisce la precedente, rimasta in carica per oltre dodici anni in proroga;
la pista di Parma è attualmente classificata in codice ICAO 4 C e il progetto prevede di portarla addirittura a livello 4 E, traffico di aerei di grosse dimensioni, con inevitabile rischio aereonautico;
è evidente che il progetto di un Piano di Sviluppo Aeroportuale, che preveda modifiche in
ampliamento delle attuali infrastrutture aeroportuali anche di volo debba, già nel suo stato, risultare conforme alle prescrizioni aeronautiche regolamentari vigenti al momento della presentazione e che invece l’attuale Aeroporto di Parma continua ad avere un Piano di Rischio emesso in violazione delle cogenti prescrizioni dettate da Enac e risulta ancor oggi non compatibile per le aeree di tutela;
il Piano di Rischio di Parma presenta sin dal 2012 evidenti carenze riguardo la predisposizione delle Fasce di rispetto laterali C e D.
il fatto che la precedente Commissione VIA abbia tratto le proprie conclusioni, non solo in mancanza di un Piano di Rischi aeroportuale conforme alle prescrizioni di legge del vigente Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti, ma addirittura in presenza di una conclamata valutazione negativa di Enac circa le soluzioni di panificazione urbanistica adottate nelle zone soggette a tutela aeronautica, costituisce un chiaro “vulnus” alla legittimità del parere stesso oltre che all’incolumità delle persone che vivono nelle adiacenze dell’aeroporto.
Si chiede di sapere:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza intenda adottare anche in autotutela.
Se il Ministro ritenga si sia tenuto conto dei vincoli e delle zone di tutela previste dal vigente
regolamento per la costruzione e l'esercizio degli aeroporti.


sabato 17 ottobre 2020

Aeroporti, masterplan e quei depositi di carburante/avio

Sono indispensabili le analisi/scenari “security” e “safety”, anche in sede di VIA E VAS! ll deposito di carburante di qualsivoglia aeroporto avio rappresenta una risorsa strategica per l'operatività di uno scalo. Garantisce il costante rifornimento per le flotte aeree in servizio, a beneficio di tutte le aerolinee in transito su questi aeroporti, per voli nazionali ed internazionali.

Nella maggioranze dei casi la localizzazione dei depositi/serbatoti sono localizzati all'interno dei sedimi aeroportuali, ma dove?

Quale è la posizione ottimale di tali insediamenti, siano essi siti jet-fuel con i
serbatoi parzialmente tumulata in orizzontale, fuori terra e verticali, comunque con strutture sopra il piano campagna.

La loro collocazione, in relazione a “volumetrie” e capienze di 500mila, 1 milione e/o 12 milioni di litri stoccati integralmente e/o parzialmente, costituisce e vincola inevitabili considerazioni di safety e security correlate.

Appare scontato che ognuno di questi depositi disponga del Rapporto di Sicurezza redatto in analogia all'art. 15 del D.Lgs 105/15 Allegato C-4-3 Stima delle conseguenze degli eventi incidentali REV: 0 Pag. 7 di 38 conseguenze in termini di propagazione dei prodotti dell’incendio (specie chimiche, calore sensibile, irraggiamento e particolato).

Il sito web www.nist.gov, con riferimento alle “Technical Reference” e “User’s Guide” documenti consentono di verificare i limiti di applicazione e forniscono notizie sulle validazioni dei scenari di rischio stimati.

La geometria dei serbatoi, degli edifici e dei bacini di contenimento avendo cura di caratterizzare opportunamente del superfici esposte all’azione dell’incendio devono, tuttavia, venire rapportati alla geo-localizzazione dei depositi-serbatori in relazione alla distanza dalla pista di volo, dei parcheggi degli aeromobili ed, infine, del terminal/aerostazione/pontili/satelliti dei passeggeri.

La pianificazione dell'area del sedime e del territorio limitrofo, definisce l’analisi delle conseguenze degli scenari incidentali ipotizzati, tenuto conto della massima estensione delle aree di impatto, in accordo a quanto stabilito dalle “Linee Guida per la Pianificazione delle emergenze industriali” del dipartimento della Protezione Civile ed al DM 09/05/01 “Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante”.

La presentazione dei nuovi masterplan al 2030/2035, proposti sulla totalità degli aeroporti del Belpaese, probabilmente, tutti gli scali identificati nel Piano Nazionale Aeroporti-PNA e sottoposti alla Valutazione di Impatto Ambientale e Strategico, hanno inquadrato e valutato tali scenari di “rischio allargato”?

Ebbene quali considerazioni “emergenziali” in relazione alla “safety” devono essere valutate in rapporto ai volumi di traffico, al numero dei movimenti aerei e alla casistica incidentale per eventuali fuoripista laterali e prima e dopo la pista? Le curve di isorischio previste dall'Art. 715 del CdN hanno stimato le aggravanti del “deposito” di carburante avio localizzato in prossimità di un terminal/aerostazione/parcheggio aeromobili?

Considerazioni correlate, sono state sicuramente ipotizzate per scenari di “security”!

venerdì 16 ottobre 2020

Flotta arzilla, Antonov 32 fuoripista in atterraggio

Feriti i quattro membri di equipaggio! L'Antonov AN32, immatricolato OB-2120P, che è finito fuoripista il 14 Ottobre, dopo un atterraggio all'aeroporto Iquitos in Peru, aveva fatto il suo primo volo nel 1989.

Partito dallo scalo di Lima-Jorge Chavez International, il volo cargo Aer Caribe, con quattro membri di equipaggio, era in atterraggio alle ore 18.12 Z del 14 Ottobre, sulla pista 06, e aveva riportato problemi meccanici nell'estensione del carrello. Nel fuoripista laterale si sono spezzate le ali, la fusoliera si è troncata in due parti, si è attivato un rapido ed esteso incendio ed il mezzo è risultato completamente distrutto.

L'equipaggi si è salvato, anche se con ferite minori, è stato trasportato in ospedale.