mercoledì 14 febbraio 2024

Aeroporti e classificazione acustica comunale, sovrapposizioni e distorsioni

Il significato della classificazione acustica di un Comune esterno ad un sedime aeroportuale, ma anche al di fuori della zonizzazione acustica LVA elaborata dalla Commissione aeroportuale vive, da oltre 25 anni in uno stato di confusione.

Impatto acustico in LVA, quello derivato dalle centraline della rete di monitoraggio dei decolli e degli atterraggi alle piste e quella “classificazione di rumore derivato dal solo traffico stradale e ferroviario” determinano riscontri incomprensibili al cittadino.

La popolazione che la classificazione acustica del territorio”  inquadra nella Classe 1 e Classe 2 sono sorvolate  da aeromobili con picchi di 80 decibel Lden o Lnight e, i cittadini vivono una schizofrenia di dati e di percezione acustica incomprensibile.

Nelle 103 pagine della relazione APAT -Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici - LINEE GUIDA RELATIVE AI CRITERI PER LA CLASSIFICAZIONE ACUSTICA DEI TERRITORI COMUNALI si legge:

“Con il termine di “classificazione acustica del territorio” (o zonizzazione) si intende indicare quella procedura che porta a differenziare il territorio in sei classi omogenee, (Tabella n. 1.1) sulla base dei principali usi urbanistici consentiti, siano essi già realizzati o soltanto in previsione; tale procedura è fortemente dipendente dai criteri che vengono assunti per l’individuazione delle classi e conseguentemente anche i risultati ottenuti possono essere disomogenei. Ad ogni classe omogenea individuata competono, sulla base delle indicazioni statali, specifici limiti acustici (DPCM 14/11/97 "Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore").

CLASSI DI DESTINAZIONE D’USO DEL TERRITORIO

Diurno (6÷22) notturno (22÷6)

CLASSE I - aree particolarmente protette: rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc. 50 40

CLASSE II - aree destinate ad uso prevalentemente residenziale: rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali e artigianali 55 45

CLASSE III - aree di tipo misto: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici 60 50

CLASSE IV - aree di intensa attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie. 65 55

CLASSE V - aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni. 70 60

CLASSE VI - aree esclusivamente industriali: rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi 70 70

Tabella n. 1.1: Le sei classi di destinazione d’uso del territorio ed i relativi valori limite assoluti di immissione - LAeq in dBA (DPCM 14/11/1997).

Si tenga tuttavia presente che i limiti ora citati valgono ad esclusione delle infrastrutture di trasporto (strade, ferrovie, aeroporti, ecc…). Per quest’ultimo tipo di sorgenti vengono infatti fissate dalla normativa nazionale le cosiddette “fasce di pertinenza” o, più in generale, aree circostanti di ampiezza definita, all’interno delle quali vigono, per il solo rumore emesso dall’infrastruttura, limiti specifici, solitamente più permissivi di quelli che la zonizzazione impone alle altre sorgenti. Al di fuori delle proprie fasce di pertinenza, anche le infrastrutture di trasporto sono invece soggette ai limiti imposti dalla zonizzazione.

Fu il DPCM 01/03/91 che per primo introdusse l’obbligo per i Comuni di procedere alla classificazione acustica del proprio territorio sulla base della prevalente ed effettiva destinazione d’uso del territorio stesso. Ad ognuna delle sei classi (I ÷ VI) il decreto associava determinati limiti di accettabilità dei livelli sonori. Tuttavia è la Legge quadro  sul rumore (L 447/95) ad assegnare come principale competenza delle Regioni la fissazione dei “criteri in base ai quali i comuni, (…) tenendo conto delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio (…), procedono alla classificazione del proprio territorio nelle zone previste dalle vigenti disposizioni” (art. 4, comma 1). Ma la L 447/95 si spinge oltre e prescrive pure il “divieto di contatto diretto di aree, anche appartenenti a comuni confinanti, quando tali valori si discostano in misura superiore a 5 dBA di livello sonoro equivalente misurato (…). Qualora nell'individuazione delle aree nelle zone già urbanizzate non sia possibile rispettare tale vincolo a causa di preesistenti destinazioni d'uso, si prevede l'adozione dei piani di risanamento (…)”. Una prescrizione forte quest’ultima, con la quale ogni Regione si è dovuta confrontare, con soluzioni non sempre identiche.

Infine, dall’art. 6 (competenze dei Comuni) viene richiesto lo stretto coordinamento tra gli strumenti della pianificazione urbanistica e la zonizzazione, senza tuttavia entrare nel merito di eventuali specifici criteri necessari per ottenere concretamente tale coordinamento. Nella normativa è comunque evidente l’intento di legare la programmazione urbanistica del territorio ad una sua programmazione “acustica”, come pure, ed è anche citato esplicitamente all’art. 2, comma 5, della L 447/95, di far sì che la programmazione urbanistica del territorio debba essere considerata sempre più un importante strumento di prevenzione nonché di risanamento acustico.

Da quanto sin qui esposto risulta piuttosto chiaro quali siano le principali finalità della classificazione acustica e quali siano i temi fondamentali con cui le varie Regioni si sono dovute confrontare, al fine di dettare criteri specifici che permettessero di realizzare concretamente le zonizzazioni, mantenendo nel contempo una certa omogeneità, quanto meno a livello regionale. In primis la zonizzazione è lo strumento che permette di assegnare limiti al territorio e dunque di disciplinare il rumore emesso dalle attività produttive (artigianato, commercio, industria, ecc…), ma, al di fuori delle rispettive fasce di pertinenza, anche il rumore emesso dalle infrastrutture di trasporto; in altre parole, fissando valori limite e valori di qualità, è lo strumento che ha l’obiettivo di contemperare esigenze di produzione e di mobilità con esigenze di quiete dei cittadini.

Ma se è necessario confrontarsi col territorio, riconoscendo gli usi insediati o previsti, occorrerà evidentemente confrontarsi anche con gli strumenti di programmazione territoriale, i cosiddetti Piani Regolatori o Piani Strutturali. Se è vero che esiste un legame tra gli usi e le classi acustiche, allora non importa quali saranno le regole specifiche che ogni Regione fisserà per effettuare concretamente la classificazione:

l’obiettivo principale dovrebbe comunque rimanere quello di mostrare le ricadute acustiche delle scelte effettuate in ambito urbanistico. In tale modo la zonizzazione assume ’importantissimo ruolo di strumento che permette di valutare la sostenibilità ambientale delle scelte effettuate in sede amministrativa e come tale deve dialogare dinamicamente con la pianificazione urbanistica, contribuendo alla scelta migliore.

 

La zonizzazione diviene, dunque, il primo passo sulla strada del risanamento acustico dello stato di fatto, ma anche un potente strumento di prevenzione fin dalla fase di progettazione/ideazione dei piani urbanistici.

Va inoltre sottolineato che, contrariamente a quanto sembrerebbe indicare il senso comune, “buoni” criteri di classificazione acustica dovrebbero essere calibrati per funzionare al meglio con realtà medio-piccole, piuttosto che centri urbani di dimensioni considerevoli, come solitamente sono i capoluoghi di provincia. Infatti, riguardo alla distribuzione della popolazione in Italia, i dati del censimento ISTAT 2001 confermano che quasi la metà della popolazione risiede in comuni con meno di 20.000 abitanti e solo 1/3 in comuni con più di 50.000 abitanti. Se dunque, da un lato, è certamente vero che è nei grossi centri urbani che si trovano le principali sofferenze dal punto di vista dell’inquinamento acustico, sofferenze a cui occorre rimediare con elevata priorità, è altrettanto innegabile che occorra porre attenzione anche ai comuni di dimensioni medio-piccole dove è necessario assicurare, anche attraverso la zonizzazione, il mantenimento di buoni standard di qualità della vita.

Attualmente soltanto quattordici Regioni hanno provveduto a definire, ai sensi della L 447/95, i criteri in base ai quali i Comuni procedono alla classificazione acustica del territorio (Tabella n. 1.2), spesso utilizzando lo strumento della deliberazione di Giunta regionale (DGR) che consente una maggiore flessibilità in caso di necessità di modifiche/integrazioni; per un’altra Regione (Veneto) risulta attualmente vigente una legge regionale che demanda alla Giunta l’aggiornamento delle linee guida (tuttora utilizzate) adottate nel 1993 ai sensi del DPCM 01/03/91.

A scala nazionale, dagli ultimi dati disponibili (Annuario APAT, Ed. 2004) risulta che al 31/12/03 aveva approvato la classificazione acustica meno del 20% dei Comuni italiani, con una notevole disomogeneità fra le diverse regioni (da nessun comune classificato in Umbria e Molise si raggiungeva un 70% di comuni zonizzati in Liguria).

Anche se ad oggi la situazione è certamente mutata e migliorata in particolare in alcune  regioni (ad es. Piemonte, Toscana), si può ritenere che la risposta complessiva delle Amministrazioni sia ancora insufficiente: da un parziale aggiornamento dei dati al 31/12/05, la percentuale di Comuni zonizzati a scala nazionale pare, infatti, collocarsi fra il 25 % e il 30 %.

È pertanto auspicabile che un’azione di informazione e supporto a Regioni e Comunipossa concretamente favorire questo processo.

Si è infatti fermamente convinti che la classificazione acustica costituisca un passaggio di fondamentale importanza e che, in quanto tale, non possa essere trascurato: non soltanto rappresenta un atto di governo del territorio imprescindibile per la gestione del rumore, ma soprattutto può diventare lo strumento per leggere le conseguenze acustiche delle scelte operate a livello di pianificazione territoriale e come tale costituisce il riferimento primario per prevenire l’inquinamento acustico attraverso soluzioni urbanistiche “acusticamente” corrette.”

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