Il significato della classificazione acustica di un Comune esterno
ad un sedime aeroportuale, ma anche al di fuori della zonizzazione acustica LVA
elaborata dalla Commissione aeroportuale vive, da oltre 25 anni in uno stato di
confusione.
Impatto acustico in LVA, quello derivato dalle centraline
della rete di monitoraggio dei decolli e degli atterraggi alle piste e quella “classificazione
di rumore derivato dal solo traffico stradale e ferroviario” determinano
riscontri incomprensibili al cittadino.
La popolazione che la classificazione acustica del
territorio” inquadra nella Classe 1 e
Classe 2 sono sorvolate da aeromobili
con picchi di 80 decibel Lden o Lnight e, i cittadini vivono una schizofrenia di dati e di
percezione acustica incomprensibile.
Nelle 103 pagine della relazione APAT -Agenzia per la
protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici - LINEE GUIDA RELATIVE AI
CRITERI PER LA CLASSIFICAZIONE ACUSTICA DEI TERRITORI COMUNALI si legge:
“Con il termine di “classificazione acustica del territorio”
(o zonizzazione) si intende indicare quella procedura che porta a differenziare
il territorio in sei classi omogenee, (Tabella n. 1.1) sulla base dei
principali usi urbanistici consentiti, siano essi già realizzati o soltanto in
previsione; tale procedura è fortemente dipendente dai criteri che vengono
assunti per l’individuazione delle classi e conseguentemente anche i risultati ottenuti
possono essere disomogenei. Ad ogni classe omogenea individuata competono, sulla
base delle indicazioni statali, specifici limiti acustici (DPCM 14/11/97 "Determinazione
dei valori limite delle sorgenti sonore").
CLASSI DI DESTINAZIONE D’USO DEL TERRITORIO
Diurno (6÷22) notturno (22÷6)
CLASSE I - aree particolarmente protette: rientrano in
questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per
la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo
ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse
urbanistico, parchi pubblici, ecc. 50 40
CLASSE II - aree destinate ad uso prevalentemente
residenziale: rientrano in questa classe le aree urbane interessate
prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione,
con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività
industriali e artigianali 55 45
CLASSE III - aree di tipo misto: rientrano in questa classe
le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento,
con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici
con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività
industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine
operatrici 60 50
CLASSE IV - aree di intensa attività umana: rientrano in
questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con
alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e
uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade
di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree con
limitata presenza di piccole industrie. 65 55
CLASSE V - aree prevalentemente industriali: rientrano in
questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di
abitazioni. 70 60
CLASSE VI - aree esclusivamente industriali: rientrano in
questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e
prive di insediamenti abitativi 70 70
Tabella n. 1.1: Le sei classi di destinazione d’uso del
territorio ed i relativi valori limite assoluti di immissione - LAeq in dBA
(DPCM 14/11/1997).
Si tenga tuttavia presente che i limiti ora citati valgono
ad esclusione delle infrastrutture di trasporto (strade, ferrovie, aeroporti,
ecc…). Per quest’ultimo tipo di sorgenti vengono infatti fissate dalla
normativa nazionale le cosiddette “fasce di pertinenza” o, più in generale,
aree circostanti di ampiezza definita, all’interno delle quali vigono, per il
solo rumore emesso dall’infrastruttura, limiti specifici, solitamente più
permissivi di quelli che la zonizzazione impone alle altre sorgenti. Al di
fuori delle proprie fasce di pertinenza, anche le infrastrutture di trasporto
sono invece soggette ai limiti imposti dalla zonizzazione.
Fu il DPCM 01/03/91 che per primo introdusse l’obbligo per i
Comuni di procedere alla classificazione acustica del proprio territorio sulla
base della prevalente ed effettiva destinazione d’uso del territorio stesso. Ad
ognuna delle sei classi (I ÷ VI) il decreto associava determinati limiti di
accettabilità dei livelli sonori. Tuttavia è la Legge quadro sul rumore (L 447/95) ad assegnare come
principale competenza delle Regioni la fissazione dei “criteri in base ai quali
i comuni, (…) tenendo conto delle preesistenti destinazioni d'uso del
territorio (…), procedono alla classificazione del proprio territorio nelle
zone previste dalle vigenti disposizioni” (art. 4, comma 1). Ma la L 447/95 si spinge
oltre e prescrive pure il “divieto di contatto diretto di aree, anche
appartenenti a comuni confinanti, quando tali valori si discostano in misura
superiore a 5 dBA di livello sonoro equivalente misurato (…). Qualora
nell'individuazione delle aree nelle zone già urbanizzate non sia possibile
rispettare tale vincolo a causa di preesistenti destinazioni d'uso, si prevede
l'adozione dei piani di risanamento (…)”. Una prescrizione forte quest’ultima,
con la quale ogni Regione si è dovuta confrontare, con soluzioni non sempre
identiche.
Infine, dall’art. 6 (competenze dei Comuni) viene richiesto
lo stretto coordinamento tra gli strumenti della pianificazione urbanistica e
la zonizzazione, senza tuttavia entrare nel merito di eventuali specifici
criteri necessari per ottenere concretamente tale coordinamento. Nella
normativa è comunque evidente l’intento di legare la programmazione urbanistica
del territorio ad una sua programmazione “acustica”, come pure, ed è anche
citato esplicitamente all’art. 2, comma 5, della L 447/95, di far sì che la programmazione
urbanistica del territorio debba essere considerata sempre più un importante
strumento di prevenzione nonché di risanamento acustico.
Da quanto sin qui esposto risulta piuttosto chiaro quali
siano le principali finalità della classificazione acustica e quali siano i
temi fondamentali con cui le varie Regioni si sono dovute confrontare, al fine
di dettare criteri specifici che permettessero di realizzare concretamente le
zonizzazioni, mantenendo nel contempo una certa omogeneità, quanto meno a
livello regionale. In primis la zonizzazione è lo strumento che permette di
assegnare limiti al territorio e dunque di disciplinare il rumore emesso dalle
attività produttive (artigianato, commercio, industria, ecc…), ma, al di fuori
delle rispettive fasce di pertinenza, anche il rumore emesso dalle
infrastrutture di trasporto; in altre parole, fissando valori limite e valori
di qualità, è lo strumento che ha l’obiettivo di contemperare esigenze di
produzione e di mobilità con esigenze di quiete dei cittadini.
Ma se è necessario confrontarsi col territorio, riconoscendo
gli usi insediati o previsti, occorrerà evidentemente confrontarsi anche con
gli strumenti di programmazione territoriale, i cosiddetti Piani Regolatori o
Piani Strutturali. Se è vero che esiste un legame tra gli usi e le classi
acustiche, allora non importa quali saranno le regole specifiche che ogni
Regione fisserà per effettuare concretamente la classificazione:
l’obiettivo principale dovrebbe comunque rimanere quello di
mostrare le ricadute acustiche delle scelte effettuate in ambito urbanistico.
In tale modo la zonizzazione assume ’importantissimo ruolo di strumento che
permette di valutare la sostenibilità ambientale delle scelte effettuate in
sede amministrativa e come tale deve dialogare dinamicamente con la
pianificazione urbanistica, contribuendo alla scelta migliore.
La zonizzazione diviene, dunque, il primo passo sulla strada
del risanamento acustico dello stato di fatto, ma anche un potente strumento di
prevenzione fin dalla fase di progettazione/ideazione dei piani urbanistici.
Va inoltre sottolineato che, contrariamente a quanto
sembrerebbe indicare il senso comune, “buoni” criteri di classificazione
acustica dovrebbero essere calibrati per funzionare al meglio con realtà
medio-piccole, piuttosto che centri urbani di dimensioni considerevoli, come
solitamente sono i capoluoghi di provincia. Infatti, riguardo alla distribuzione
della popolazione in Italia, i dati del censimento ISTAT 2001 confermano che
quasi la metà della popolazione risiede in comuni con meno di 20.000 abitanti e
solo 1/3 in comuni con più di 50.000 abitanti. Se dunque, da un lato, è
certamente vero che è nei grossi centri urbani che si trovano le principali
sofferenze dal punto di vista dell’inquinamento acustico, sofferenze a cui
occorre rimediare con elevata priorità, è altrettanto innegabile che occorra
porre attenzione anche ai comuni di dimensioni medio-piccole dove è necessario
assicurare, anche attraverso la zonizzazione, il mantenimento di buoni standard
di qualità della vita.
Attualmente soltanto quattordici Regioni hanno provveduto a
definire, ai sensi della L 447/95, i criteri in base ai quali i Comuni
procedono alla classificazione acustica del territorio (Tabella n. 1.2), spesso
utilizzando lo strumento della deliberazione di Giunta regionale (DGR) che
consente una maggiore flessibilità in caso di necessità di modifiche/integrazioni;
per un’altra Regione (Veneto) risulta attualmente vigente una legge regionale
che demanda alla Giunta l’aggiornamento delle linee guida (tuttora utilizzate)
adottate nel 1993 ai sensi del DPCM 01/03/91.
A scala nazionale, dagli ultimi dati disponibili (Annuario
APAT, Ed. 2004) risulta che al 31/12/03 aveva approvato la classificazione
acustica meno del 20% dei Comuni italiani, con una notevole disomogeneità fra
le diverse regioni (da nessun comune classificato in Umbria e Molise si
raggiungeva un 70% di comuni zonizzati in Liguria).
Anche se ad oggi la situazione è certamente mutata e
migliorata in particolare in alcune regioni
(ad es. Piemonte, Toscana), si può ritenere che la risposta complessiva delle Amministrazioni
sia ancora insufficiente: da un parziale aggiornamento dei dati al 31/12/05, la
percentuale di Comuni zonizzati a scala nazionale pare, infatti, collocarsi fra
il 25 % e il 30 %.
È pertanto auspicabile che un’azione di informazione e
supporto a Regioni e Comunipossa concretamente favorire questo processo.
Si è infatti fermamente convinti che la classificazione
acustica costituisca un passaggio di fondamentale importanza e che, in quanto
tale, non possa essere trascurato: non soltanto rappresenta un atto di governo
del territorio imprescindibile per la gestione del rumore, ma soprattutto può
diventare lo strumento per leggere le conseguenze acustiche delle scelte
operate a livello di pianificazione territoriale e come tale costituisce il riferimento
primario per prevenire l’inquinamento acustico attraverso soluzioni urbanistiche
“acusticamente” corrette.”