giovedì 31 marzo 2022

Malpensa Masterplan 2035 e quella zona cargo nella Brughiera

Con l’assemblea pubblica tenutasi a Lonate Pozzolo lunedì 28 marzo il futuro di Malpensa e dei comuni circostanti e stato riproposto, anche stavolta, in relazione alla crescita del trasporto merci/cargo.

E', tuttavia, dalla prima presentazione del Masterplan 2035 che, stranamente, il dibattito/confronto/scontro tra proponenti ed i Comitati dei cittadini, è concentrato sull'allargamento del sedime dello scalo verso sud.

Anche i Sindaci del CUV hanno assunto la stessa, risoluta, posizione.

I possibili “punti” di discussione e oggetto di osservazioni e controsservazioni al Masterplan 2035 sarebbero numerosi. Ma la trincea dello scontro sembrerebbe concentrarsi sull'espansione di 30/45/60 ettari nella Brughiera appare la questione vincolante ed imprescindibile.

Ma è davvero la questione dirimente?

Occupare extra territorio nel Parco della Brughiera significa stravolgere un assetto territoriale e antropico storicamente e ambientalmente acquisito e sostenere la sua integrità è un traguardo auspicato ed imprescindibile.

Ma non potrebbe essere configurato anche come una sorta di manovra tattica per ottenere comunque un incremento dei voli complessivi sulle due pista accoppiate e raggiungere, comunque, il tetto di almeno 300mila voli/anno?

Un numero di movimenti/anno che, in uno scenario di massima, potrebbe superare di quasi 100mila voli superiori ai voli registrati nell'epoca di Malpensa 2000.

Sono voli/movimenti sostenibili?

Lo scontro sull'occupazione di una parte della Brughiera focalizza invece il dibattito sul piano ecologico ambientalista più vasto, lasciando sullo sfondo le problematiche primarie di coesistenza tra una infrastruttura aeroportuale e la comunità circostante, quali sono le problematiche e ricadute dirette di impatto ambientale (acustico e atmosferico), di safety e di risk assessment?

In fondo una “logistica zona cargo” può essere localizzata anche all'esterno dello sedime, senza intaccare l'attività di un settore di volo commerciale ritenuto prevalente nelle politiche dello scalo varesino..


Sulla materia, dibattuta sui media, riportiamo uno stralcio del comunicato dell’associazione Viva Via Gaggio relativo alla contesa sulla espansione del sedime aeroportuale nella Brughiera.

In queste settimane si rincorrono voci e dichiarazioni su quale espansione dell’aeroporto di Malpensa sia accettabile e digeribile dal territorio, in primis dai sindaci del Cuv.

Per quanto ci riguarda, anche la sola espansione di un centimetro quadrato dell’attuale sedime aeroportuale verso sud è assolutamente inaccettabile.

Se è vero che le previsioni dei numeri del settore cargo che prendiamo per buoni – vorremmo sommessamente ricordare però che le previsioni dei posti di lavoro su Malpensa parlavano di 200.000 lavoratori coinvolti e si sono dimostrate decisamente gonfiate – ci chiediamo perché non vengano presi in considerazione gli spazi all’interno del sedime aeroportuale per ampliare la zona cargo.

Abbiamo letto il Master Plan 2035 e le integrazioni presentate in seconda battuta. È evidente che le alternative suggerite e scritte nelle osservazioni vengono scartate a priori dal gestore aeroportuale senza una motivazione seria e credibile.

Ci sono parecchi ettari all’interno dell’attuale sedime aeroportuale “blindati” per costuire la terza pista. Quale zona migliore per ampliare la zona cargo!!! Si rinunci, una volta per tutte, alla terza pista e si utilizzino quegli spazi per ampliare la zona cargo.

Basterebbe citare il “consumo di suolo” vergine che comporta ogni alternativa presa in considerazione. La parte a sud, quella di brughiera, è un suolo vergine, unico e raro che offre tutta una serie di servizi ecosistemici; purtroppo invece non viene considerato tale, addirittura viene considerato meno di un suolo già urbanizzato e sui cui sono già costruiti capannoni vuoti o usati al 25% della capacità

Leggiamo che dai 60 ettari iniziali (a cui vanno sommati i 30 vincolati per la terza pista al di fuori del sedime aeroportuale) si voglia passare a 45 ettari…in cambio di alcune “rassicurazioni” circa il recupero e la ricostruzione della brughiera.

Lo abbiamo sempre detto e lo ribadiamo ancora: l’habitat di brughiera, per la sua conformazione geomorfologica e pedologica non è assolutamente ricostruibile da nessun’altra parte. Lo dicono gli studi scientifici, le università e chi si occupa di studiare e ha studiato seriamente la brughiera e le lande secche europee.

SEA invece considera, da sempre, la brughiera come una realtà che si possa spostare a piacimento, ricostruire in 6/8 mesi. Non è assolutamente così!

Abbiamo letto sempre nei documenti presentati a supporto del Master Plan 2035, che esiste una brughiera sana e una “brughiera degradata”. Che credibilità ha una società per azioni che per giustificare la cancellazione di un habitat unico e raro si inventa una definizione di “brughiera degradata” che non esiste assolutamente nella nomenclatura scientifica?

Vale anche la pena ricordare che la disciplina internazionale ed europea da indicazioni diverse, rispetto agli ambiti naturali degradati. Questi, seppur degradati, continuano a fornire servizi ecosistemici, detto ciò questo degrado deve essere eliminato intervenendo migliorando l’ambiente naturale, piantumando nuove essenze e certo non cancellando in maniera irreversibile questi ambiti naturali ricoprendoli di colate di cemento e asfalto come invece vorrebbe fare SEA

Passano gli anni ma il punto “vigilato” resta sempre lo stesso: è la brughiera del Gaggio, preziosa area naturalistica che convive con l’aeroporto di Milano Malpensa, ma che da almeno due decenni è a rischio per i progetti di espansione dello scalo.

«La brughiera di Malpensa e Lonate Pozzolo è in pericolo»: così un network di associazioni ambientaliste e per il paesaggio apre la petizione (sul noto portale change.org) per chiedere di salvare l’area del Gaggio dall’ultima ipotesi di ampliamento di Malpensa.

Dieci anni fa la minaccia incombente era la terza pista. Oggi quel progetto è momentaneamente fermo – ma non stralciato – e le attenzioni sono concentrate su un altro intervento: «Il Masterplan 2035 dell’aeroporto – attualmente sottoposto a valutazione di impatto ambientale avanti al MITE – prevede infatti un’espansione verso sud dell’Area Cargo con la distruzione di 40 ettari di un sito di grande rilevanza naturalistica» spiega la petizione, che è stata lanciata da realtà locali come il Coordinamento Salviamo il Ticino e l’associazione Viva Via Gaggio (nata due lustri fa per contrastare il progetto di terza pista) ma anche da circoli di Legambiente, associazioni ornitologiche tra cui la Lipu, società di scienze naturali, o ancora il FAI..”



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