Per
ICAO i poli di attrazione oltre 13 km dalle piste! Se
ieri, in occasione della presentazione del “Rapporto
e Bilancio Sociale 2019 ENAC” Aerohabitat aveva evidenziato la
sintesi della questione “Bird Wildlife Strike” dall'L'Autorità
per l’Aviazione Civile descrive il “Birdstrike”, appare utile
confrontare la parte introduttiva della “Relazione
Annuale 2018
ENAC - Birdstrike Committee Italy”.
La lettura
in parallelo delle due descrizioni consente una analisi dettagliata
della realtà riscontrata.
Introduzione
“Relazione Annuale 2018 ENAC - Birdstrike Committee Italy”:
“Per
wildlife strike si intende generalmente l’impatto violento tra un
aeromobile e uno o più animali selvatici, prevalentemente uccelli
(birdstrike), con conseguenze più o meno rilevanti, a seconda delle
dimensioni e del numero di animali impattati, della fase di volo e
della parte dell’aeromobile che viene colpita.
L’energia che
si sviluppa nell’impatto è infatti direttamente proporzionale alla
massa e al quadrato della velocità, per cui anche l’impatto con un
piccione in atterraggio, o l’aspirazione di una lepre nel motore
durante la corsa di decollo, producono lo stesso effetto di un
proiettile.
Il primo incidente documentato tra un uccello e un
aereo risale al 1905, e sin da subito le autorità aeronautiche di
tutto il mondo si sono occupate di questo problema con crescente
preoccupazione.
Il wildlife strike è infatti in costante aumento
in tutto il mondo.
Ciò è dovuto principalmente all’aumento
progressivo del traffico aereo, ma anche all’incremento numerico di
molte popolazioni di animali selvatici nel corso degli ultimi
decenni.
Negli Stati Uniti gli impatti tra fauna selvatica e
aviazione civile sono passati da 1.850 nel 1990 a 14.496 nel 2017;
nello stesso periodo le oche canadesi non migratrici sono cresciute
da 1 a 4 milioni di individui. In Italia il numero di wildlife strike
è passato 348 nel 2002 a 825 nel 2017 e dal 1980 a oggi la
popolazione nidificante di gabbiano reale è più che raddoppiata,
superando le 60.000 coppie.
Oltre 282 persone sono rimaste uccise
nel mondo a causa di wildlife strike, e almeno 262 aerei sono andati
distrutti a partire dal 1988 a oggi. La sola aviazione civile degli
Stati Uniti spende quasi un miliardo di dollari l’anno per il
wildlife strike, mentre in Italia si stima un costo di 7.6 milioni di
euro/anno, tra riparazioni e ritardi nei voli.
La maggior parte
degli impatti tra aeromobili e fauna selvatica si verifica negli
aeroporti e nelle loro immediate vicinanze, dove la quota di volo è
relativamente bassa; gli uccelli infatti volano generalmente al di
sotto dei 500 ft di quota quando non sono in migrazione attiva.
Il
70% degli eventi di wildlife strike avviene al di sotto dei 200 ft di
quota, l’85% al di sotto degli 800 ft e oltre il 90% sotto i 2.000
ft.
Il rischio di collisione è legato al tipo e all’intensità
dell’attività della fauna selvatica sia all’interno che
nelle
aree limitrofe dell’aeroporto. Gli animali attratti da
specifiche opere e/o attività che si svolgono intorno
all’aeroporto
possono infatti spostarsi dentro l’aeroporto o attraversare i
corridoi di movimento degli aeromobili incrementando il rischio di
impatto.
La presenza di discariche, aree umide e zone dove c’è
alta disponibilità di acqua, cibo e siti idonei dove ripararsi,
riprodursi, aggregarsi e riposare, dentro e intorno a un aeroporto,
costituiscono un’attrattiva formidabile per gli animali selvatici,
soprattutto gli uccelli. Questi sono in grado di percorrere lunghe
distanze in tempi relativamente brevi: un gabbiano reale può
nidificare a distanze superiori ai 50 km dalle aree di alimentazione,
e percorrere centinaia di chilometri al giorno solo per
nutrirsi.
Una adeguata gestione ecologica anti-fauna del sedime
aeroportuale e del territorio circostante è senza dubbio il più
efficace sistema di mitigazione del rischio di wildlife strike,
insieme all’utilizzo di specifici apparati di deterrenza attiva
tesi all’allontanamento degli animali.
Per questo negli
aeroporti sono in vigore specifici piani di controllo e mitigazione
del rischio operati da personale specializzato (Bird Control Units),
e per lo stesso motivo l’Organizzazione mondiale dell’aviazione
civile (ICAO) e le altre organizzazioni e autorità che si occupano
di navigazione aerea hanno identificato una distanza di sicurezza
dagli aeroporti entro la quale limitare alcune attività/opere in
grado di attrarre fauna selvatica (13 km)”.
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