I dati ufficiali evidenziano costantemente come le ricadute gassose del traffico aereo nell’intorno di un aeroporto rappresenterebbe solo il 2/4% di quello complessivo. La quasi totalità dell’inquinamento deriverebbe dal carico antropico, dall’industria e dalla viabilità delle città, dai sistemi integrati ed allargati delle vaste aree metropolitane. Numerosi aeroporti con le loro piste trafficate con oltre 24 movimenti/ora (anche 30mv/ora), con sequenze di un volo ogni 2 minuti sono localizzate in oasi naturalistiche, brughiere e parchi, ma anche in prossimità di borghi storici e nuovi insediamenti ad elevata densità abitativa.
Se l’impatto atmosferico dell’attività aeronautica
rappresenta solo tra il 2% e il 4% dell’inquinamento globale per quale ragione
enti e organismi quali ICAO/EASA/ACI sistema “aviation” e i gestori degli scali
aerei perseguono, con affanno, una svolta Green radicale delle infrastrutture
aeroportuali?
La qualità dell’aria è un traguardo primario e ambito, al
punto che l’obiettivo 2025 posto dall’Europa è di “Aeroporti a zero emissioni”.
Un impegno che sembrerebbe contrapporsi ad una realtà che non può essere quindi
sottostimata. Con traguardi di Zero emissioni entro il 2050 è, inoltre, un
impegno sottoscritto da oltre 230 aeroporti europei nel corso dell’Aviation
Sustainability Summit promosso da Aci Europe.
E’ una sfida che l’aviazione commerciale si era posta e
assunta decenni fa, evidentemente il problema non sono i bus che trasportano i
passeggeri all’interno dell’aeroporto, ma l’inquinamento generato dagli stessi
aerei e dall’infrastruttura aeroportuale nel suo complesso.
In Europa il 68 % degli scali si definiscono green, ben 234
scali hanno elettrizzato i bus che trasportano passeggeri, trascurando i dati
reali delle emissioni degli aerei all’interno dei sedimi e nelle zone limitrofe.
Nel corso del Summit di Aci Europe è emerso che sul totale,
ben 91 aeroporti, gestiti da 16 società aeroportuali, sono pronti a mantenere
il loro impegno Net Zero già entro il 2030, basandosi forse
sull’elettrificazione dei bus?
Da un lato quindi si persegue, ad esempio, la riduzione di
CO2 attraverso l’Airport Carbon Accreditation, dall’altro si ribadisce come il
contributo degli aeroporti all’inquinamento totale sia relativamente marginale.
Infatti, all’interno dell’Atmospheric Emission Inventory Guidebook dell’EEA
(European Environment Agency – Agenzia dell’Unione Europea), nel capitolo
dedicato al
trasporto
aereo, sono riportate alcune utili osservazioni sul contributo emissivo dovuto
agli aeroporti. Ad esempio, il contributo delle emissioni aeroportuali di CO2 è
stimato, anche, pari a circa il 2% sul totale prodotto dall’uomo, quindi a
livello globale non locale.
Migliorare la qualità di vita, mangiare sano è l’obiettivo
di tutti, bisogna evitare rischi alimentari e insidie di aria malsana per le
coltivazioni private e industriali sottostanti le rotte di decollo e
atterraggio (LTO-Landing-Take-Off). Alcune ricerche scientifiche hanno
analizzato, ad esempio, le ricadute olfattive, ma anche sul cibo coltivato nei
pressi degli aeroporti ed in città, con risultati preoccupanti. La storica
Sentenza Quintavalle a Malpensa, in relazione al Parco del Ticino, con le
tematiche ed i riscontri emersi, è stata dimenticata o rimossa?
I propulsori di un aeromobile scaricano principalmente
ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO), composti organici volatili
(COV), biossido di zolfo (SO2) e polveri (PM), oltre a anidride carbonica (CO2)
e acqua (H2O) come vapore. Le emissioni di ossidi di azoto e particelle in
sospensione sono preponderanti in fase di decollo e di salita, mentre le
emissioni di monossido di carbonio e di idrocarburi sono preponderanti durante
le fasi di rullaggio.
Le concentrazioni di CO2, NOx, PM10, PM 2.5, di metalli
pesanti e tanto altro, condizionano direttamente l'atmosfera, deperiscono non
solo la qualità di vita delle popolazioni che vivono nelle vicinanze degli
aeroporti, deteriorano il patrimonio naturale, ma anche il ciclo di coltura dei
fagiolini, dei pomodori, delle carote, delle patate, dei cavoli, delle rape,
del cavolo bianco, del crescione, della bietola, fino al basilico, alla menta,
al prezzemolo e al timo. Quanti cittadini, che hanno un piccolo orto, nel
giardino, sulle terrazze, nei vasi, o che acquistano prodotti nei mercati
rionali lo sanno? Chi ne è consapevole, quanti e quali contaminazioni ci sono e
quale incidenza è registrata nelle zone sottostanti ai decolli piuttosto che
negli atterraggi?
Mangiar sano dal proprio orto è davvero un’opzione per i
cittadini residenti nelle zone prossime alle piste di un aeroporto?
In definitiva gli aeromobili condizionano l'atmosfera, la
qualità di vita delle popolazioni che vivono nelle vicinanze degli aeroporti e
ricadono sul patrimonio naturale.
In Italia i livelli di inquinamento, la qualità dell’aria
nelle aree circostanti gli aeroporti sono monitorati dalle Agenzie Regionali
per la Protezione Ambientale (ARPA), ma chi verifica le ricadute tossiche e la
qualità di vita dei cittadini che subiscono a distanza ravvicinata le attività
aeronautiche degli scali?
Chi verifica che i livelli d’inquinamento si mantengano
entro i limiti di legge? Chi investiga sulle eventuali ricadute “tossiche”
sulle coltivazioni private e industriali?
Perché le ARPA regionali in sede di Commissione aeroportuale
ENAC, non hanno adottato il calcolo AEDT- Aviation Environmental Design Tool
che, alla stima del rumore aereo aggiunge anche le ricadute delle emissioni
gassose CO2 ed NOx nella fase LTO, del decollo e dell’atterraggio delle flotte
aeree?
Un inquinamento atmosferico che, tra sapori, odori, salute, talvolta,
potrebbe anche generare morbilità in alcune specie animali?
Magari tra alcune specie di volatili, attraverso batteri, si
determinano sintomi quali difficoltà respiratorie, inappetenza, letargia o
mancata reattività e, infine mortalità. Quali indagini sono state fatte in
materia? Di quali Studi Ornitologici
disponiamo?
Esiste ormai una vasta letteratura scientifica che dimostra l'impatto sulla salute da polveri ultrafini (UFP) emesse in quantità dagli aerei e disperse su grandi aree vicino agli aeroporti. Purtroppo non ci sono ancora limiti di legge per le UFP né centraline Arpa che le misurino. Nessuna Asl o dipartimento di epidemiologia che io sappia in Italia ha monitorato l'impatto delle polveri ultrafini sulla salute dei cittadini che vivono in prossimità degli aeroporti.
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